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Crolli di borsa: le paure dei mercati sono legittime?

Uno studio che sviscera tutti i timori di questi mesi: il crollo del petrolio, l'attività delle banche centrali, la Cina, la recessione negli Usa, il sistema bancario e il dollaro

di Mauro Introzzi 19 feb 2016 ore 12:20

Una domanda che si fanno in molti, dopo il pessimo avvio che hanno avuto gli azionari di tutto il mondo in questo 2016. Prova a rispondere a questa questione Philippe Ithurbide, Global Head of Research, Strategy and Analysis di Amundi Asset Management.
Nell’aggiornamento mensile di analisi dei mercati “Cross Asset Investment Strategy” l’esperto evidenzia come, dall’estate scorsa,” la macchina si sia inceppata” e come “i mercati vedano nero”, con ogni tema “interpretato in chiave negativa”. Ecco perché si è assistito a un repricing del rischio, all’implementazione di strategie per la protezione del portafoglio e alla liquidazione delle posizioni. Ithurbide arriva così a chiedersi come si è arrivati a questa situazione e se vadano riviste in modo significativo le previsioni economiche e finanziarie e ridefinita l’asset allocation.

petrolio2_2PERCHÉ IL CALO DEL PETROLIO FA COSÌ PAURA
L’esperto di Amundi indica che i mercati finanziari di solito rispondono favorevolmente al ribasso del prezzo del greggio per svariate ragioni: è positivo per i paesi che consumano materie prime, favorisce margini e utili, spinge ulteriormente al ribasso gli indici dei prezzi, soprattutto nei paesi in via di sviluppo (fornendo margini di manovra sulle politiche monetarie) e sostiene la crescita e la domanda interna in un momento in cui quest’ultima (se escludiamo la spesa pubblica) rappresenta il principale motore della crescita.

Tuttavia, il forte calo del prezzo del petrolio spaventa i mercati finanziari per vari motivi. Ha indebolito i paesi produttori rendendoli vulnerabili (Arabia Saudita, paesi del Golfo, Canada, Norvegia ecc.) e in alcuni casi li ha messi in grave difficoltà (Venezuela, Azerbaigian), ha fatto emergere timori di default o fallimenti delle società del settore energetico, ha intaccato altri settori come quello bancario reso problematica l’esposizione degli istituti al settore energetico, ha spinto al ribasso gli indicatori dell’inflazione, compromettendo l’efficacia delle misure già varate dalle banche centrali e ha inciso sulle riserve di alcuni fondi sovrani (fondi petroliferi e SWF in generale), che potrebbero trovarsi costretti a liquidare dei portafogli per aumentare il sostegno alla liquidità di cui necessitano gli Stati.

Due terzi del calo del prezzo del petrolio sono dovuti all’andamento dell’offerta. Solo da lì, quindi, potrà giungere un equilibrio e una soluzione a questa lunga fase di depressione dei prezzi.

banca2_4PERCHÉ LE BANCHE CENTRALI NON RIESCONO A RASSICURARE I MERCATI

Secondo Ithurbide le banche centrali sembrano aver perso il controllo. Per troppo tempo i mercati finanziari sono stati “banche centrali-dipendenti”, e queste ultime non hanno più la credibilità di una volta.

Tra le varie banche centrali citate l’esperto si focalizza sulla Banca Centrale Europea
, che ha fatto sapere che riconsidererà la propria politica monetaria alla luce dei nuovi sviluppi. Essa può scegliere tra prolungare l’attuale programma di Quantitative Easing (estendendo la scadenza e/o aumentando il volume degli acquisti di attività), peraltro già ingente, estendere il Quantitative Easing a nuove classi di attività, come le obbligazioni corporate, variare la distribuzione degli acquisti di attività per aumentare gli acquisti degli asset periferici, tagliare ulteriormente il tasso d’interesse sui depositi, ricorrere ai TLTRO per sostenere il sistema finanziario.

Nel frattempo la Fed, in assenza d’inflazione e di fronte al rallentamento della crescita “farà grande fatica a portare avanti attivamente un ciclo di rialzo del denaro”.

cina_6PERCHÉ LA CINA IMPENSIERISCE I MERCATI FINANZIARI

Secondo l’esperto di Amundi la Cina rappresenta indubbiamente il maggior rischio sistemico, e gli eventi degli ultimi mesi (svalutazione dello yuan, chiusura temporanea dei mercati azionari ad agosto e gennaio) non hanno fatto che alimentare i timori. Tuttavia i timori attuali sembrano eccessivi visto che: il rallentamento della Cina è ormai un fatto e deriva dal suo maggior sviluppo, la Cina non svaluterà lo yuan né modificherà radicalmente la sua politica economica. La Cina – secondo Amundi - sarà in grado di sostenere la crescita se necessario.
Così non ci sarà alcun hard landing o crash landing nell’immediato futuro (atterraggio duri o traumatici). Come termine di riferimento possiamo prendere il Giappone negli anni Settanta, dove una crescita del 3% rappresentò un hard landing.
E comunque, in conclusione sulla Cina, il dato sulla crescita non è così importante. Per Ithurbide una crescita equilibrata del 5% alimentata dalla domanda è migliore di una crescita del 10% trainata solamente dalle esportazioni.

DOVREMMO ESSERE PREOCCUPATI PER LA RECESSIONE NEGLI STATI UNITI?

Amundi ha sempre sostenuto che il consenso di mercato sulla crescita americana fosse troppo ottimista. Non andrebbe dimenticato che i consumi (oltre il 70% del PIL) continuano a tenere bene e che c’è un grosso scarto tra il settore terziario (solido) e quello manifatturiero (più fragile).
Così non è il caso in questo momento di temere una recessione negli Stati Uniti. Ciò che preoccupa – piuttosto - è l’assenza di margini di manovra da parte della Fed.

DOBBIAMO TEMERE UN CEDIMENTO DEL SISTEMA BANCARIO?

L’analisi mette in evidenza i motivi degli ultimi crolli bancari. Quelli principali riguardano il diffuso rallentamento dell’economia, che rappresenta ovviamente un fattore negativo, il calo del prezzo del petrolio e i timori di una esposizione dei titoli bancari al settore energetico, fattori più specifici (come in Italia, dove la creazione di una “bad bank” non ha raccolto un supporto unanime), il livello (molto basso) dei tassi, che riducono gli utili delle banche, le normative più severe e il peso dei titoli bancari nei portafogli monetari a breve termine che hanno già risentito dei tassi molto bassi. Infine c’è un problema globale di liquidità sul mercato del debito bancario, ed è facile che i movimenti diventino esagerati.

Questi punti vanno però visti in prospettiva e vanno individuati i possibili fattori di supporto
: le banche non hanno problemi di finanziamento, la supervisione del sistema bancario ha fatto grandissimi passi avanti dall’ultima crisi finanziaria, l’esposizione al settore energetico è stata ben identificata (potremmo azzardare che nel complesso essa è pari a un decimo dell’esposizione ai subprime nel 2008), dalla fine della crisi, le banche europee hanno raccolto oltre 500 miliardi e ora sono ben capitalizzate, oggigiorno l’esposizione al credito non è affatto paragonabile a quella del 2008.
In conclusione, sul tema bancario, non può essere esclusa la possibilità che si verifichi un crac, e perché ci sia un crac non deve esserci necessariamente una bolla. Detto ciò, analizzando il contesto si può escludere che si possa verificare un cedimento del settore bancario analogo a quello che si verificò nel 2008.

usa2_1DOBBIAMO RIVEDERE LE STIME SUL DOLLARO USA E … PIÙ IN GENERALE SULLE VALUTE?

Finora hanno prevalso previsioni che parlano di un euro debole, una rivalutazione del dollaro USA, un’ulteriore, potenziale svalutazione dello yen e una svalutazione graduale e contenuta dello yuan. Gli sviluppi di queste ultime settimane però non sono affatto in linea con queste previsioni. E’ vero che lo yuan è sotto controllo e che dalla scorsa estate il tasso di cambio effettivo è stabile - quindi c’è stato un corto circuito tra lo yuan e il dollaro USA - ma è anche vero che lo yen ha smesso di svalutarsi e che la BoJ sta cercando di impedire il suo futuro apprezzamento. Per contro, l’euro si è rafforzato e il dollaro si è svalutato. Ma ne siamo davvero stupiti? In realtà no.

IN CONCLUSIONE

Da ultimo, ci troviamo ancora in un contesto caratterizzato da
- un rallentamento dell’economia globale dovuto alla situazione nei Paesi emergenti, a un chiaro decoupling tra le regioni e a una mancanza di blocchi omogenei
- le attese sulla crescita sono evidentemente ancora troppo ottimistiche e si teme che siano assolutamente esagerate nel medio termine (esse non giustificano una capitolazione completa) ma sono indubbiamente presenti nel breve termine

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