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Credete nella ripresa in Eurozona?

Prendiamo l’equity di Eurozona: spinto, a inizio anno, dai tassi bassi e dall’euro debole. Ora questi due fattori non ci sono più: resta solo la ripresa. Ci credete?

di Redazione Soldionline 12 giu 2015 ore 08:57

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO

1. Giornate decisive per tutto il 2015
  La Grecia è servita, nelle ultime settimane, solo ai grossisti, alle banche di investimento, per fare muovere i portafogli: la sostanza, come vi abbiamo segnalato più di una volta, è già nota a tutti. Anche ieri, come in molte altre occasioni, è stata solo ed unicamente la Borsa USA a evitare una caduta più ampia dei listini in Eurozona. Caduta che, a nostro parere, è solo temporaneamente bloccata. E ripetiamo anche che non è la Grecia il problema: il punto lo ha fatto ieri Mohamed El Erian scrivendo ”Don’t forget that not only does the ECB have a huge payment coming from Greece in July, but the ECB has just increased the amount of lending to Greece on its emergency lending assistance (ELA) (…) That is not an instrument you’re supposed to use for propping up solvency, it’s supposed to be used for liquidity and the deeper Greece goes into junk territory, the more it highlights the reputational and financial risks the ECB is taking,”. E infatti, se il problema fosse la Grecia, che cosa ci farebbe il dollaro a 1,1300 stamattina? E il Bund ieri allo 1% di rendimento?
europa_8Il consiglio di Recce’d è resta lo stesso: lasciare perdere la Grecia e guardare invece ai fatti. Prendiamo l’equity di Eurozona: spinto, a inizio anno, dai tassi bassi e dall’euro debole. Ora questi due fattori non ci sono più: resta solo la “ripresa”. Credete nella ripresa in Eurozona? Approfittate di questo ribasso e comperate. Avete come noi molti dubbi su questo argomento “commerciale”? In questo caso vi conviene mettere al sicuro i vostri soldi, approfittando di rimbalzi come quelli di mercoledì e di ieri mattina [importante per: equity (Eurozona)].
2. USA: le vendite al dettaglio La reazione del mercato, e del Treasury USA in particolare, ai dati per le vendite al dettaglio è stata molto ampia: il rendimento del decennale è sceso dal 2,50% al 2,35% di rendimento, una variazione clamorosa. Questa reazione ci dice che sul mercato circolavano previsioni di un dato ancora più elevato e quindi ancora più positivo dello 1,2% registrato ieri (grafico qui sotto). Al contrario, nel dato di ieri la maggior parte degli economisti ci ha visto un segnale di continuità: le famiglie USA, nonostante il notevole miglioramento del mercato del lavoro, restano prudenti dal lato della spesa per consumi, e i due forti rialzi di marzo e maggio servono solo a compensare la discesa del trimestre dicembre-febbraio. A parere di Recce’d questo dato cambia di poco le stime per la crescita USA: che resta allo 1,5% nel secondo trimestre 2015, e per tutto il 2015 non supera il 2%, sulla base dei dati che abbiamo oggi, e se poi tutto andrà per il verso giusto [importante per: equity, valute ed obbligazioni (USA)].

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L'OPERATIVITA'
La posizione operativa sul dollaro USA. 
A gennaio quasi tutti scommettevano sulla parità tra le due valute, è ancora il caso oggi di rimanere agganciati a quello scenario? Per rispondere in modo non superficiale oppure azzardato, è necessario guardare ai dati fondamentali di valutazione. Abbiamo scritto ieri che ci sono quattro fattori da monitorare, per capire dove andrà il dollaro appena uscirà da questa fase laterale lunga ormai più di tre mesi. Operativamente, dove potrebbe arrivare? Il Grafico qui sotto ci può aiutare in questo senso: è la storia del dollaro USA messa a confronto con la sua volatilità: come vedete nel 2014 abbiamo avuto due fasi di mercato ben distinte fra loro, ovvero fino a fine agosto e poi gli ultimi quattro mesi del 2014. Nella prima fase la volatilità è rimasta molto bassa, poi un’impennata a settembre la ha fatta salire di ben quattro volte, dal 2% annualizzato allo 8% annualizzato. Il grafico è utile, perché ricorda a tutti come funziona il mercato valutario. Noi di Recce’d ci aspettiamo a breve un’impennata simile a quella del 2014, quando il dollaro ruppe 1,3000 e scese a 1,2300 contro euro.  In questa prossima occasione, potremmo vedere un movimento nella direzione inversa, da 1,1300 a 1,2000. Monitoreremo quindi i quattro fattori che vi abbiamo elencato ieri, ed anche la volatilità del mercato, per capire quando sarà il momento di andare SHORT contro euro, target 1,2000.

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L'ANALISI
Emergenti rischio globale? 
Come abbiamo scritto ieri mattina, le valute Emergenti hanno subito nelle ultime due settimane perdite importanti contro dollaro USA (nonostante la debolezza dello stesso dollaro contro euro).  La debolezza delle valute Emergenti rischia di sconvolgere i flussi di capitale verso gli Emergenti stessi (vedi il grafico in basso): le Società di quei Paesi che hanno emesso obbligazioni in valuta estera si vedono costrette a pagare di più al momento del rimborso. Il ribasso di circa il 30% della media dei cambi delle valute Emergenti non ha, almeno fino ad oggi, fatto aumentare produzione ed export, ha solo prodotto un calo delle importazioni: il debito delle Società va quindi a pesare su un livello di produzione che non è aumentato. Si teme per questa ragione che il calo dei prezzi delle obbligazioni, che in valuta locale ad oggi arriva al 6% in media da inizio 2015 (in termini di dollaro USA) possa ampliarsi nei prossimi mesi. Oggi il rendimento delle obbligazioni Emergenti è superiore a quello dei Treasury USA a cinque anni in misura di 512 punti base in medi (5,12%), e stando alle statistiche del mese di aprile il 30% del debito è in mano a investitori non Emergenti, e quindi esteri, con punte del 50% ad esempio in Malesia e 40% in Indonesia. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, nella prima parte del 2015 i deflussi di fondi dai bonds Emergenti sono stati molto elevati (4,4 miliardi di dollari) e si teme un effetto domino. Per le ragioni che abbiamo dettagliato in questa Sezione tra lunedì ed oggi, è il momento di rivedere le proprie posizioni in obbligazioni Emergenti.

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