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Cambio di rotta per i mercati obbligazionari?

Nelle ultime settimane, i mercati obbligazionari e azionari sono in agitazione. L'epicentro del problema è chiaramente sul fronte del mercato obbligazionario, dove lo spettro di un possibile crash si aggira tra gli investitori

di Redazione Soldionline 13 mag 2015 ore 14:51

A cura di Amundi

Nelle ultime settimane, i mercati obbligazionari e azionari sono in agitazione. L'epicentro del problema è chiaramente sul fronte del mercato obbligazionario, dove lo spettro di un possibile crash si aggira tra gli investitori - soprattutto perché la Fed sta cominciando a preoccuparsi apertamente per i tassi di interesse troppo bassi e per il mercato azionario sopravvalutato. Sul fronte azionario, l'aumento dei tassi di interesse ha aperto la possibilità agli investitori di effettuare prese profitto, tanto più che, sul piano politico, i rischi di Grexit e, più recentemente, di Brexit sono venuti alla ribalta.

Dobbiamo temere il crash delle obbligazioni, una Grexit o una Brexit? In sintesi, la nostra risposta è No. Detto ciò, gli investitori dovrebbero essere pronti ad affrontare un aumento della volatilità.

lente2_1VERSO UN CRASH DELLE OBBLIGAZIONI?
Falso allarme o serio avvertimento?

Non c’è dubbio sulle dichiarazioni dei gestori di fondi USA circa i tassi di interesse eccezionalmente bassi e la bolla obbligazionaria dietro la recente correzione, registrata nella maggior parte dei paesi avanzati. Ma ciò che sta catturando maggiormente l’attenzione è quanto successo sul mercato obbligazionario tedesco, perché il tasso Bund a 10 anni è sceso a 0,05% e alcuni si aspettavano addirittura che cadesse in territorio negativo, come sta già accadendo in Svizzera. In pochi giorni, il tasso è tornato a quasi a 0,8% (il 7 maggio), per poi stabilizzarsi intorno a 0,5%, mentre i tassi a breve termine sono rimasti in territorio negativo.

I tassi di interesse sono ancora troppo bassi considerando tutti i parametri di valutazione esistenti. Tuttavia, a differenza dei mercati azionari, i mercati obbligazionari non possono subire un crash quando le banche centrali sono in azione. L'esempio del Giappone mostra fino a che punto i programmi di acquisto di titoli siano un fattore troppo determinante per i tassi di interesse. Nella zona euro, gli acquisti della BCE manterranno i rendimenti dei titoli molto bassi. La BCE ha acquistato solo 110 miliardi di € di titoli (su un programma di € 1.100 miliardi). In altre parole, il 90% del suo programma di acquisti di titoli resta ancora da attuare. Invariati gli altri aspetti, lo squilibrio tra i programmi di emissione e la domanda di titoli della BCE depone chiaramente a favore di un ulteriore calo dei rendimenti dei titoli tedeschi nei mesi a venire.

La BCE si è impegnata a proseguire il QE fino a settembre 2016, anche se l'economia dovesse migliorare nettamente. In effetti, ci vorrà del tempo per contenere le pressioni deflazionistiche. Il recente aumento dei tassi a lungo termine, dimostra la necessità di ancorare le aspettative con un programma di acquisto di titoli a lunga durata. Perché un QE fallito (cioè un forte aumento dei tassi di interesse o dell'euro) annullerebbe la ripresa e riaffiorerebbero sicuramente i timori circa la solvibilità di alcuni Stati.

La curva si irripidisce nuovamente in una fase di graduale reflazione

Detto ciò, indipendentemente da eventuali fattori tecnici che hanno causato la recente correzione, è importante notare che la correzione sul Bund è in arrivo dopo una correzione al rialzo delle aspettative di inflazione. Il tasso swap cinque anni su cinque anni – misura adottata da Mario Draghi per definire l’inflazione di medio periodo - è notevolmente aumentato nelle ultime settimane. E' sorprendente notare che negli ultimi 18 mesi, questo dato è stato strettamente correlato al prezzo del petrolio. Quindi tutto sembra accadere come se le aspettative di inflazione a medio termine dipendessero dai prezzi del petrolio di oggi ...

E' chiaro che se il prezzo del petrolio si stabilizza ai livelli attuali (tra i 60 ei 65 dollari), l'inflazione prevista (fine anno) sarà rivista al rialzo nella zona euro. Ma questo è chiaramente indipendente dalle prospettive di inflazione di medio periodo. Non più che il calo dei prezzi del petrolio è un vettore di deflazione, l'aumento non è un vettore di inflazione autosufficiente. La BCE probabilmente dovrà dare più indicazioni sul fatto che è il trend dell'inflazione core che conta prima di tutto. Eppure su quel fronte, non ci aspettiamo nessuna accelerazione marcata entro il 2016. Ci vorrà di più della ripresa ciclica attesa per far scendere la disoccupazione della zona euro in maniera duratura. Gli effetti di secondo impatto sui salari non possono materializzarsi in un contesto ad alta disoccupazione. Senza contare che il recente aumento dei tassi, dell'euro e del petrolio rischia di appesantire l'economia nel più breve termine ...

Cosa implica per i mercati: i rendimenti dei titoli a lungo termine in Germania non sono pronti a risalire definitivamente. Ma questo non vuol dire che stanno per cadere di nuovo a zero entrambi. In effetti, i tassi bassi, ma positivi potrebbero corrispondere maggiormente a un periodo di reflazione graduale.

GRECIA: USCIRE DALL’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA (GREXIT)
L'uscita della Grecia dalla zona euro (Grexit) è altamente improbabile, perché gli attori implicati sono assolutamente contrari. Le autorità europee non vogliono aprire il vaso di Pandora di una uscita dall'euro.

Le relazioni tra la Grecia ei suoi creditori sono certamente molto tese. Ma sono in corso dei negoziati. I rischi di un default tecnico, la predisposizione di controlli sui capitali o ulteriori elezioni (anche un referendum sulla Grexit) si sono notevolmente intensificati. Il debito pubblico è insostenibile nel lungo termine e la ristrutturazione appare inevitabile. Tuttavia, continuiamo a credere che il rischio di un'uscita dalla UEM o di un default fuori controllo sia basso: i sondaggi mostrano che il popolo greco è ancora abbastanza attaccato all'euro, al punto da fare alcune concessioni. Le parti in gioco hanno interesse a continuare i negoziati. Quest'anno, l'economia greca potrebbe ricadere in una recessione, con lo shock di fiducia legato all'incertezza politica. E il saldo di bilancio primario probabilmente cadrà quest'anno in deficit. L'accordo, se ce ne sarà uno, sarà probabilmente raggiunto all'ultimo momento (fine giugno). Le tensioni possono aumentare in fase di negoziazione finale.

Cosa implica per i mercati: anche se gli acquisti della BCE dovrebbero impedire il contagio agli altri mercati obbligazionari, ci possono essere battute d'arresto imprevedibili sugli spread sovrani periferici. Soprattutto in considerazione del livello dei tassi di interesse che sono scesi molto in basso (i rendimenti dei titoli a 10 anni spagnoli e italiani sono più bassi rispetto al rendimento dei Treasury a 10 anni). In altre parole, il ritorno del rischio sistemico legato alla situazione greca è improbabile. D'altra parte, dobbiamo prepararci per una ripresa della volatilità.

REGNO UNITO: VERSO L’USCITA DALL’UNIONE EUROPEA (BREXIT)?
La vittoria dei conservatori, il 7 maggio, ha colto di sorpresa tutti gli osservatori che non avevano previsto una maggioranza assoluta per nessuno dei due principali partiti. Sulla scia dei risultati, il Primo Ministro David Cameron, votato per un nuovo mandato, ha confermato la sua intenzione di organizzare un referendum In/Out dall'Unione europea "entro la fine del 2017". Per quanto riguarda la leggibilità e la credibilità della politica economica, la rimozione della coalizione fragile rappresenta una buona notizia, perché in questo senso si tratta di un vettore di incertezza che sta scomparendo. Inoltre, questo spiega la reazione molto favorevole dei mercati (una moneta in aumento, il rimbalzo del mercato azionario). Eppure, il referendum apre la porta ad un altro tipo di incertezza (rimanere o no in UE). Nei sondaggi - che ora sappiamo essere inaffidabili - non esiste una chiara maggioranza sulla Brexit. Eppure le conseguenze economiche potrebbero materializzarsi ben prima del referendum. Riguardano per lo più una questione di fiducia (imprese britanniche, investitori stranieri) e sono quindi difficili da valutare. Sono le variabili di mercato che cristallizzeranno i timori degli investitori in primo luogo.
Cosa implicherà per i mercati?

Mercati obbligazionari:
il risanamento dei conti pubblici continuerà, il che è una buona notizia per chi detiene titoli di Stato. Il calo del disavanzo pubblico è già stato eccezionale (in calo di oltre la metà rispetto al suo picco). Il deficit, stimato al 4,1% del PIL da parte della Commissione Europea per l'anno fiscale 2015-16, è proiettato a -2,7% del PIL nel 2016-2017 (il deficit strutturale sarebbe poco più in alto). Detto ciò, se la crescita continua a salire, il mercato del lavoro si contrarrà ulteriormente e le pressioni inflazionistiche finiranno per intensificarsi (situazione in qualche modo simile a quella degli Stati Uniti, a causa delle pressioni salariali in un contesto di deboli aumenti di produttività). Il tema di un ritorno dell'inflazione potrebbe tornare al centro della scena ancora più velocemente se la sterlina dovesse deprezzarsi ...

Mercato valutario: la nuova incertezza potrebbe influire sulla sterlina nel medio periodo. In effetti, il disavanzo delle partite correnti è pari al5% del PIL e la bilancia dei redditi sta sempre peggiorando. La posizione netta verso l’estero del Regno Unito, anche se rimane bassa in termini assoluti, si è deteriorata rapidamente negli ultimi anni (da quasi zero nel 2011 al -25% del PIL nel 2014). Nel 4° trimestre 2014, il disavanzo delle partite correnti (-5,5% del PIL) è stato finanziato al 2,6% del PIL attraverso i flussi netti di investimenti diretti esteri. In termini di stock di investimenti diretti esteri, il Regno Unito è secondo al mondo, dopo gli Stati Uniti. La maggior parte degli investimenti sono degli altri paesi dell'Unione Europea. Questi flussi di investimento sono direttamente legati all'adesione del Regno Unito all'Unione Europea. Quasi la metà delle esportazioni di beni britannici e più di un terzo delle esportazioni di servizi sono verso l'UE. I flussi di investimenti diretti esteri si sono appena indeboliti e la sterlina potrebbe deprezzarsi ...

Non c’è alcun motivo di essere preoccupati per una Brexit nel breve periodo
Nei mesi a venire, il primo ministro Cameron cercherà concessioni da Bruxelles, soprattutto in termini di controllo dell'immigrazione e di tutela degli interessi della City. In tale contesto, è improbabile che possa raggiungere i suoi scopi. Il consenso che ora prevale a Bruxelles è che il Regno Unito abbia più da perdere lasciando l'Unione Europea che l'Unione Europea lasciando andare il Regno Unito. La maggior parte delle analisi economiche confermano quanto deciso a Bruxelles. Quindi, le "trattative" promettono di essere difficili per Cameron. Ma ha tempo per trovare un modus vivendi.
In definitiva, riteniamo che i conservatori dovrebbero sostenere attivamente la permanenza nell'UE. E’ quindi troppo presto per preoccuparsi delle possibili conseguenze negative di una Brexit.

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