Bolla finanziaria 2017: più lunga, più profonda
Sul sito Consob c’è una pagina dedicata alle “Le Crisi Finanziarie” dove è riporta la storia delle principali bolle speculative determinatesi sui mercati finanziari e propagatesi ai mercati dell’economia reali
di Redazione Soldionline 23 dic 2015 ore 10:30A cura di TradingRoomRoma
Sul sito Consob c’è una pagina dedicata alle “Le Crisi Finanziarie” dove è riporta la storia delle principali bolle speculative determinatesi sui mercati finanziari e propagatesi ai mercati dell’economia reali. Studiare e capire la storia è fondamentale per vivere il presente e sapere come comportarsi davanti a crisi ed eventi estremi. Quale e quando il prossimo “Cigno Nero”? Il famoso adagio “questa volta è diverso” è solo un differente modo di dire “la storia si ripete ma sotto forme sempre diverse”. La bolla dei tulipani non è altro che quella Dotcom del 2000; la crisi del ‘29 è simile a quella del 2008 con la differenza che c’è stato un massiccio intervento della Fed (QE); la crisi del sud est asiatico del 1997, insieme a quella della Russia del 1997-8, sembrano madri di quella cinese attuale; altri elementi comuni tra le crisi sono: ancoraggio della propria valuta al dollaro, leva finanziaria esagerata, deregulation, trasferimento della crisi dalla finanza e dalle valute all’economia reale…a quando la prossima bolla e su quale mercato?
Una trappola della liquidità globale potrebbe portare gli investitori a eliminare dai propri portafogli gli asset obbligazionari e spingere l’azionario fino a tutto il 2016 poi, le riprese inflazionistiche guidate dai paesi emergenti, potrebbero sgonfiare l’azionario che registra ancora fondamentali e multipli accettabili e non in bolla. Sarà dura, sarà duratura, sarà profonda ma “quella volta sarà diversa”! La storia si ripete.
Di seguito le tappe della crisi (fonte Consob)
La bolla dei tulipani nel 1637 fu la prima grande crisi finanziaria innescata dall'utilizzo di strumenti finanziari con finalità speculative e coinvolse tutto il sistema economico europeo di quei tempi. L'espansione commerciale dell'Olanda favorì lo sviluppo di questa bolla: i fioristi iniziarono a prenotare in anticipo ai contadini i bulbi attraverso l'utilizzo di contratti con prezzi fissati ex-ante da onorare a scadenza. La bolla dei tulipani culminò nella famosa asta di Alkmaar del 5 febbraio 1637, in cui centinaia di lotti di bulbi furono venduti per un ammontare monetario di 90.000 fiorini (l'equivalente di circa 5 milioni di euro), ossia ciascun bulbo venduto al prezzo medio pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un muratore dell'epoca.
La grave crisi economico-finanziaria del 1929, iniziata negli Stati Uniti d'America, sconvolse l'economia mondiale dalla fine degli anni venti fino a buona parte del decennio successivo, con devastanti ripercussioni sociali e politiche. Il boom economico che gli USA avevano sperimentato quasi ininterrottamente dall'inizio della prima guerra mondiale, rappresentato da una forte espansione del Prodotto Interno Lordo grazie alle numerose innovazioni tecnologiche (radio, telefono, energia elettrica), allo sviluppo dell'industria automobilistica, alla rapida crescita di settori come quello del petrolio e alla conseguente espansione del settore delle costruzioni di uffici, fabbriche e case, aveva costituito il motore del rialzo dell'indice azionario Dow Jones relativo al settore industriale a partire da metà 1922, riflettendo l'acquisita supremazia economica nel mondo. Nel periodo che va dal 1922 al settembre 1929 (apice della bolla azionaria della Borsa Valori di New York, dettaWall Street), l'indice azionario in parola era passato da 63,0 a 381,17 ossia aveva registrato un incremento di circa il 500%, numero che esprime bene il senso di entusiasmo diffuso dei c.d. "ruggenti anni-venti" (roaring twenties) degli americani. Il crollo dell'indice di Wall Street avvenuto il 24 ottobre del 1929 (noto come il giovedì nero di Wall Street), in cui 13 milioni di azioni furono vendute senza limite di prezzo, e seguito da un secondo a breve distanza di tempo il 28 ottobre e un terzo il 29 ottobre (martedì nero) con circa 16 milioni di azioni vendute in un solo giorno, diede origine ad un fenomeno di vendite incontrollate di azioni da parte di investitori privati desiderosi di disfarsene.
Le crisi finanziarie degli anni novanta si sono caratterizzate per la presenza di crescenti squilibri sia di finanza pubblica sia nei rapporti con l'estero. Questa circostanza viene anche indicata con l'espressione "deficit gemelli": a un deficit pubblico (differenza tra entrate e uscite dello Stato) si accompagna un deficit della bilancia commerciale (differenza tra esportazioni e importazioni). Tali condizioni possono minare la fiducia nella sostenibilità del debito complessivo del Paese, determinare pressioni sul tasso di cambio e, per tale via, sui tassi di interesse e sul livello dei prezzi.
Crisi del Messico (1994): La liberalizzazione delle transazioni finanziarie dei primi anni ‘90 aveva indotto un ingente afflusso di capitali verso il Messico. Al fine di combattere l'elevata inflazione di quegli anni, il Messico aveva ancorato la propria valuta, il peso, al dollaro statunitense e aveva fissato i tassi di interesse a livelli elevati, per incentivare gli investitori a detenere pesos. L'ancoraggio al dollaro e la conseguente impossibilità di ricorrere allo strumento della svalutazione determinarono, tuttavia, una perdita di competitività del Paese sui mercati internazionali, un calo delle esportazioni e un progressivo aumento del deficit della bilancia commerciale. Nel 1994 il deficit di parte corrente superò l'8% del PIL.
Crisi del Sud Est asiatico 1997: Fra il 1965 e il 1996 i paesi dell'Asia Orientale avevano registrato un tasso medio annuo di crescita del PIL pro-capite pari a circa il 6%, valore superiore al dato relativo a qualsiasi altra economia mondiale (cosiddetto "miracolo asiatico" o "miracolo delle tigri asiatiche"). Fino ai primi anni ‘90, la sostenibilità dello sviluppo economico era garantita da politiche monetarie e inflazione moderate, equilibrio dei conti pubblici ed esportazioni in crescita. Fattori di vulnerabilità, tuttavia, emergevano con riferimento al peso degli investimenti finanziari di breve periodo (in particolare, in Tailandia) soprattutto da parte di investitori esteri, all'incremento sostenuto del livello di indebitamento delle imprese, favorito dal clima di fiducia nelle prospettive di crescita, da tassi d'interesse persistentemente bassi e dalla facilità di accesso al credito bancario, e al sistema bancario privato, che operava in un regime di liberalizzazione e deregolamentazione. Un ulteriore limite strutturale era da ricondurre all'ancoraggio delle valute locali al dollaro, il cui apprezzamento verso la metà degli anni '90 contribuirà alla contrazione dell'export e alla crisi valutaria.
Crisi della Russia 1997-1998: La crisi valutaria russa del 1998 si sviluppò in un contesto di significative difficoltà (politiche, sociali, economiche e finanziarie) che il paese stava attraversando a fronte del crollo dell'URSS e della transizione da un'economia pianificata a un'economia di mercato. Il calo del prezzo del petrolio aveva penalizzato in modo significativo le esportazioni, determinando un repentino squilibrio della bilancia commerciale che si aggiungeva allo squilibrio dei conti pubblici. Questi fattori, unitamente al contagio della crisi asiatica, misero sotto pressione il rublo.
Brasile 1998-1999: Nel corso degli anni '90, il Brasile sperimentò un peggioramento dei saldi di finanza pubblica e un crescente disavanzo del saldo commerciale con l'estero, a fronte di significativi afflussi di capitale. In quegli anni la valuta del Brasile, il real, era ancorata al dollaro. Il contagio della crisi asiatica a livello globale fece emergere gli squilibri macroeconomici che caratterizzavano l'economia brasiliana.
Argentina 2001: Le cause della crisi sono da far risalire all'ingente debito accumulato nel corso di lunghe dittature militari e al rigido ancoraggio del peso, la valuta locale, al dollaro. Negli anni 80, quando si insediarono forme di governo democratiche, l'Argentina continuò ad accumulare debito pubblico. Il tasso di cambio fisso favorì le importazioni, alimentando una deindustrializzazione del paese ed elevati tassi di disoccupazione. Il Fondo Monetario Internazionale continuava comunque a concedere all'Argentina prestiti e dilazioni di pagamento finalizzati al risanamento della finanza pubblica. Altri paesi come Messico e Brasile (entrambi importanti partner commerciali dell'Argentina) affrontarono a loro volta crisi economiche che provocando una generale perdita di fiducia nei confronti dell'America del Sud e una progressiva riduzione dei flussi di capitali dall'estero. Dopo il 1999, la bilancia commerciale argentina peggiorò ulteriormente in ragione della svalutazione della divisa brasiliana e della rivalutazione del dollaro (e quindi del peso) nei confronti delle monete dei maggiori partner commerciali.
Lo scoppio della bolla Dotcom: A metà degli anni '90, una bolla speculativa legata alla scoperta delle nuove tecnologie informatiche ha generato la crisi del Dot.com. Come ogni altra crisi generata da una bolla speculativa, la crisi del Dot.com si è sviluppata attraverso la classica sequenza: estrema fiducia da parte degli investitori nelle potenzialità di un prodotto/azienda; crescita rapida del prezzo del prodotto; evento che fa vacillare le aspettative di importanti guadagni; elevati flussi di vendite; crollo finale del prezzo del prodotto. Questa sequenza di eventi si era osservata, infatti, nel 1840 in occasione del boom delle ferrovie, nel 1920 per automobili e radio, nel 1950 rispetto ai transistor elettronici e nel 1980 per home computer e biotecnologie. Nel 1994, con la quotazione di Netscape – la società che sviluppò il primo browser commerciale per internet – prese il via un nuovo ciclo economico, definito New Economy. La New Economy si contrapponeva alla Old Economy basata prevalentemente sul settore manifatturiero. In pochi anni si assistette al sorprendente sviluppo di aziende operanti nel settore Internet o, più in generale, nel settore informatico, chiamate Dot-com companies (dal suffisso ‘.com' dei siti attraverso i quali tipicamente tali società operavano), agevolate anche dal basso costo del capitale in un contesto di bassi tassi di interesse (tra il 1995 e il 1999 la Banca Centrale degli Stati Uniti ridusse il tasso ufficiale dal 6% al 4,75%).
La crisi finanziaria del 2007-2009: La crisi finanziaria dei mutui subprime ha avuto inizio negli Stati Uniti nel 2006. I presupposti della crisi risalgono al 2003, quando cominciò ad aumentare in modo significativo l'erogazione di mutui ad alto rischio, ossia a clienti che in condizioni normali non avrebbero ottenuto credito poiché non sarebbero stati in grado di fornire sufficienti garanzie. I fattori che hanno stimolato la crescita dei mutui subprime sono riconducibili, tra l'altro, alle dinamiche del mercato immobiliare statunitense e allo sviluppo delle cartolarizzazioni. Oltre alla bolla immobiliare e ai bassi tassi di interesse, la crescita dei mutui subprime è stata sostenuta anche dallo sviluppo delle operazioni di cartolarizzazione, ossia dalla possibilità per gli istituti creditizi di trasferire i mutui, dopo averli ‘trasformati' in un titolo, a soggetti terzi (le cosiddette ‘società veicolo') e di recuperare immediatamente buona parte del credito che altrimenti avrebbero riscosso solo al termine dei mutui stessi (10, 20 o 30 anni dopo). La cartolarizzazione consentiva alle banche, apparentemente, di liberarsi del rischio di insolvenza dei prenditori dei fondi e indeboliva così l'incentivo a valutare correttamente l'affidabilità dei clienti. Le società veicolo, dal canto loro, finanziavano l'acquisto dei mutui cartolarizzati mediante l'offerta agli investitori di titoli a breve termine.
Crisi del debito 2010-2011: La crisi del debito sovrano nell'Area euro trova le sue radici nella crisi del settore dei mutui residenziali statunitensi. In seguito alla crisi subprime, infatti, numerosi istituti di credito europei hanno sperimentato gravi difficoltà e sono stati salvati da interventi pubblici. Questi ultimi hanno esacerbato gli squilibri di finanza pubblica dei Paesi più vulnerabili, concorrendo a provocare una contrazione del Pil a livello globale dell'uno per cento circa nel 2009. In particolare, mentre i principali paesi in via di sviluppo hanno sperimentato una significativa riduzione dei propri tassi di crescita, i paesi industrializzati hanno registrato una variazione del prodotto interno lordo negativa. Per l'Italia la contrazione del prodotto nel 2009 è risultata prossima al 5 per cento, configurando una delle più gravi recessioni dal dopoguerra. Nel corso del 2010, a maggio in particolare, i paesi dell'Eurozona e il FMI hanno approvato un prestito di salvataggio per la Grecia di 110 miliardi di euro (30 da parte del FMI). Successivamente, nel mese di novembre, è emersa la crisi del sistema bancario irlandese: il Governatore della banca centrale irlandese ha rivelato che le perdite delle banche domestiche ammontavano a 85 miliardi di euro (pari al 55% del PIL) e le istituzioni europee con la partecipazione del FMI hanno approvato un piano di sostegno per un ammontare pari a 85 miliardi di euro. A maggio 2011, UE, BCE e FMI (la cosiddetta Troika) hanno concesso un prestito di 78 miliardi di euro anche al Governo portoghese. Le tensioni di questi paesi si sono riflesse immediatamente su tutti i principali mercati finanziari, ove si sono registrati cali di ampie dimensioni, in alcuni casi comparabili a quelli verificatisi nel corso della crisi del 1929.