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Bitcoin e G20: un’occasione persa?

Le attese erano per un maggiore coordinamento tra banche centrali e ministri delle finanze dei 20 paesi più industrializzati. Tuttavia, le "speranze" sono state disattese

di Redazione Soldionline 22 mar 2018 ore 10:01

Nei giorni scorsi le attenzioni degli investitori specializzati nelle criptovalute erano focalizzate focalizzate sul G20 di Buenos Aires. Le attese erano per un maggiore coordinamento tra banche centrali e ministri delle finanze dei 20 paesi più industrializzati.

Tuttavia, le "speranze" sono state disattese, in quanto i partecipanti al meeting non sono riusciti a giungere a una proposta condivisa; c’è già chi ne parla come di un’occasione persa.
Quale sarà, quindi, l'impatto nei prossimi mesi sulla quotazione del bitcoin e, più in particolare, delle criptovalute. Nell'analisi seguente prova a spiegarcelo Matteo Oddi di Exante

Il G20 svoltosi a Buenos Aires era stato annunciato come cruciale per investitori e trader di criptovalute. Le premesse per un vertice dove si sarebbe fatta la voce grossa contro questo settore c’erano tutte in fin dei conti.

L’evento era stato preceduto da diversi appelli a un maggiore coordinamento tra banche centrali e ministri delle finanze dei 20 paesi più industrializzati. A spingere in questa direzione sono stati soprattutto il Giappone, prima nazione al mondo a legalizzare il bitcoin come mezzo di pagamento, e l’asse franco- tedesco, che era pronto a fornire una proposta congiunta di regolamentazione.

criptovaluta-bitcoinLo stesso ministro francese  Bruno Le Maire aveva messo a capo di un capo di osservatorio sul bitcoin un ex vice governatore centrale, Jean-Pierre Landau, famoso per la sua posizione favorevole a misure repressive verso la criptovalute.

E i timori che hanno accompagnato la vigilia del meeting hanno certamente contribuito al trend ribassista mercato che ha visto il BTC scivolare da 11.700 dollari a 7.400 tra il 5 e il 18 marzo.

Ma da allora il prezzo del bitcoin ha iniziato un rimbalzo che l’ha portato nuovamente oltre la soglia dei 9.000 dollari. Questa inversione coincide con la diffusione di una lettera del Financial Stability Board, guidato dal governatore della banca centrale britannica Mark Carney, in cui si dice che le criptovalute non rappresentano una minaccia alla stabilità finanziaria, considerate le dimensioni ridotte delle transazioni.

Quel documento è stato seguito da una dichiarazione del governatore della banca centrale argentina, Federico Sturzenegger, per cui le autorità internazionali riunite al G20 hanno bisogno di altri dati e di monitorare più a lungo il fenomeno per fornire delle “proposte specifiche” circa un eventuale quadro normativo condiviso. In soldoni, tutto rimandato alla prossima riunione di luglio.

Ma alla luce di quel poco che si è visto a Buenos Aires, risulta difficile immaginarsi dei passi concreti. Il governatore della banca centrale Brasile ha già dichiarato di non ritenere necessaria alcuna regolamentazione, mentre le parole del suo collega nipponico Haruhiko Kuroda (“le criptovalute creano valore aggiunto per il sistema finanziario”) contrastano fortemente quanto mostrato da Francia e Germania.

Lo stallo appena descritto ha il potenziale per estendersi ben oltre luglio, mese tra l’altro in cui la Russia prevede di far entrare in vigore un disegno di legge depositato da poco alla Duma di Stato, che tra le varie cose definisce le criptovalute come asset finanziari, oltre a definire giuridicamente caratteristiche e obblighi di smart contract e Ico.

Senza contare gli ultimi rumors di una moneta virtuale di Stato allo studio in Cina, finora la potenza mondiale ad aver condotto la stretta più dura sulle criptovalute.

Nonostante i timidi entusiasmi che si sono riversati sul mercato dopo il nulla di fatto del G20, c’è già chi ne parla come di un’occasione persa. “Lo stato può legalizzare questi nuovi meccanismi, e portare le persone fuori dalla zona grigia dell’economia, rendendo l’intero comparto più comprensibile e trasparente”, dice Anatoly Knyazev del broker EXANTE, per cui “più le regole del gioco saranno chiare, maggiori saranno le opportunità di investimento”.

A questo punto non resta da vedere se le potenze occidentali prenderanno appunti guardando a Mosca o a Pechino. Sempre che trovino un accordo.

 

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