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Algoritmi male educati

Per funzionare qualsiasi algoritmo necessita di un modello matematico che gli fornisce le istruzioni. E quel modello matematico non si auto-produce, ma lo produce... un uomo

di Valter Buffo 6 ott 2020 ore 16:49

Commento di recce-d.com


mercato-azionario_2Il nostro precedente intervento si concludeva con questa affermazioni: per funzionare, qualsiasi algoritmo necessita di un modello matematico che gli fornisce le istruzioni. E quel modello matematico non si auto-produce, ma lo produce... un uomo. Per questo, è sempre l’uomo che comanda, che prevale, che istruisce l’algoritmo.

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Una delle domande che la serie che oggi arriva al 27 esimo episodio vi suggerisce è la seguente: come faccio a sapere se all’algoritmo hanno dato buone istruzioni? Valide? Che mi faranno guadagnare? E’ scritto nero su bianco, dalla CONSOB italiana, e vale anche per gli altri mercati, che le Autorità di Vigilianza non vigilano: nel senso che non si assumono alcuna responsabilità in merito alla bontà, alla efficacia, alla solidità delle idee che stanno dietro agli algoritmi che oggi vanno tanto di moda nell’industria che a voi vende i famigerati “prodotto finanziari” come Fondi Comuni, GPF, GPM, Unit Linked, e simili. Ma allora, chi è che se ne assume la responsabilità?

Alla fine dei conti, voi stessi lettori, quando ci investite: è una scelta vostra, e dopo sono... cavoli vostri.

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Nell’immagine sopra, trovata via Twitter, uno dei più autorevoli, e qualificati, ed affidabili gestori che utilizzano le macchine, ovvero che affidano alle macchine gli ordini di acquisto che vanno poi a toccare i vostri soldi, dice molto semplicemente:

“In soli 8 mesi, le azioni di tipo “value” hanno battuto le azioni di tipo “growth” di 4000 punti base. Io non ho visto nulla di simile in tutta la mia carriera”

Rob Arnott aveva istruito le sue macchine a proposito dei titoli “value” e dei titoli “growth”, educandole come segue:

“ … se tu acquisti i titoli azionari “value” in determinate situazioni di mercato che ora io ti spiego, farai sempre un bel mucchio di soldi”. Lo dice la storia …”

Questo è un esempio, tra molti che noi potremmo portare, di una educazione sbagliata dei robot: e questo nostro ragionamento non si applica soltanto al tema dei “value contro growth”, ma si adatta altrettanto bene a qualsiasi modellino di asset allocation, come ad esempio il Black-Litterman che molti advisors utilizzano per costruire il portafoglio dei loro clienti, evitandosi così la fatica di dovere ragionare per decidere. Per queste ragioni, noi diciamo ai lettori di non stupirsi se poi le macchine si comportano... da maleducate.

Non è il robot che non funziona, ma è l’uomo ad avere dato istruzioni sbagliate. Tanto più se, invece di Rob Arnott, l’educazione delle macchine viene affidata a principianti da piccolo chimico, che aspirano solo a “fare quello che fanno in America”, avendo studiato i modelli matematici soltanto nel... Bignami di turno (dove si parla unicamente dei modelli di quaranta anni fa). Se le macchine fanno le maleducate, gli investitori che si sono affidati agli algoritmi per scegliere che cosa comperare e che cosa vendere soffrono perdite sul capitale investito, e devono, per questo, agire preventivamente, facendo uno sforzo per capire meglio.

L’utilizzo dei modelli matematici e della finanza cosiddetta quantitativa potrà sicuramente portare dei benefici, e dei risultati migliori, ma al tempo stesso non è, sicuramente, la cura per tutti i mali. Affidarsi in modo poco meditato a chi fa uso di algoritmi e modelli senza neppure averne compreso bene il funzionamento è un grosso azzardo: meglio un utilizzo della finanza quantitativa che sia consapevole, sia da parte di chi gestisce, sia da parte del cliente.

Il mercato, infatti, richiede una sensibilità che alle macchine non può essere insegnata. Rifletteteci leggendo il titolo qui sotto (del 30 settembre, dal Wall Street Journal), e poi il brano che abbiamo estratto per voi, e domandatevi: e la macchina che mi gestisce, adesso, che cosa deciderà di fare? Lo giudicherà un fatto temporaneo, oppure l’inizio di un nuovo trend? Per non sbagliare, l’articolo del Wall Street Journal cita tutte e due le possibilità.

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U.S. stocks are on pace to log their worst September performance in nearly a decade. For bargain-hunting investors who have scooped up cheap stocks, however, the slump hasn’t been so bad. Value stocks—often defined as companies whose shares trade at a low multiple of their book value, or net worth—outpaced growth stocks for the month as investors turned away from the fast-growing technology companies that had long powered the market higher. Instead, many investors looked for opportunities to scoop up shares in industries such as materials, transportation and utilities, many of which have been badly beaten down by the coronavirus pandemic this year. The change in strategy has pushed the Russell 1000 Growth Index down 5.6% for the month, on pace to end its record 11-month winning streak over its value counterpart. The Russell 1000 Value Index, which measures the performance of large-cap value companies, has fallen just 3.4% in September. Some analysts and investors say the shift simply reflects temporary profit-taking among traders who have pulled their money from growth stocks and put it to work in less-expensive shares. Yet others see the recent value-investing uptick as the start of a trend that could be here to stay. A slowly mending economy and the arrival of a coronavirus vaccine could lift value stocks higher as consumers boost their spending, they say.

 

 

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