La politica dei Paradisi Fiscali
I Paradisi fiscali sono quei Paesi e quelle zone franche che hanno delle norme e delle leggi che possono essere utilizzate da persone e imprese straniere che hanno la residenza in essi per evadere il Fisco
di Redazione Soldionline 23 apr 2009 ore 08:51Durante l’ultimo G20 che si è tenuto a Londra il 2 aprile scorso uno degli argomenti principali in agenda è stato quello dei cosiddetti paradisi fiscali. I 20 capi di stato e di governo hanno previsto più di un trilione di dollari di stimoli per affrontare la crisi finanziaria globale. La pubblicazione di una lista nera dei paradisi fiscali stilata dall’OCSE (Organizzazione di Cooperazione e Sviluppo Economico) per mettere fine al segreto bancario, il rifiuto del protezionismo e un nuovo pacchetto di regole per meglio controllare il sistema finanziario. Inoltre lo strumento principale, al fianco degli organismi internazionali, sarà il Financial Stability Forum, ribattezzato Financial Stability Board che avrà maggiori poteri ed è stato allargato ai grandi Paesi emergenti, alla Spagna e alla Commissione Europea. In questa black list dell’OCSE, la prima parte è composta dai paesi cooperativi, la seconda griglia (lista grigia) è composta da Stati che hanno accettato i principi di trasparenza fiscale, infine l’ultima parte della lista (lista nera) è formata da Paesi che non applicano per niente gli standard fiscali internazionali (Costa Rica, Malaysia, Filippine e l’Uruguay), anche se i loro governi stanno cercando di cambiare le normative fiscali interne ai loro Paesi.
L’OCSE negli ultimi anni ha stilato diversi rapporti sui paradisi fiscali. Il primo risale al 1998 dove ha stabilito le differenze tra paradisi fiscali (Tax haven) e regimi fiscali privilegiati (harmful preferential tax regime), e ha creato la prima black list che comprendeva 41 giurisdizioni definite come paradisi fiscali. Le linee guida del 1998 contro le pratiche fiscali dannose hanno previsto l’obbligo alla rimozione dei benefici ottenibili nei paradisi fiscali entro la fine del 2005 pena sanzione. Altri rapporti OCSE sono stati fatti nel 2000 dove sono stati individuati 47 regimi fiscali preferenziali di cui solo quelli veramente dannosi da smantellare entro il 2003. Nel 2001 l’OCSE ha pubblicato un rapporto sull’utilizzo illecito dei veicoli societari (corporate veicle) che possono essere utilizzati anche per fini illeciti (riciclaggio di denaro, corruzione ecc.) attraverso i regimi holding e i regimi off-shore. Un altro rapporto è stato fatto nel 2004 sempre dall’OCSE in materia di concorrenza fiscale dannosa. Anche altri organismi internazionali hanno stilato delle blacks list sui paradisi fiscali, il GAFI (Gruppo di azione finanziaria sul riciclaggio) istituito nel 1987 dal G 7 nel 2000, elaborò 25 criteri per l’individuazione dei paesi non cooperativi in materia di antiriciclaggio. Dal 2000 al 2006 la lista di questi paesi è stata ogni anno aggiornata fino all’esclusione dalla lista dell’ultimo paese rimasto (Myanmar). Altre liste dei paradisi fiscali sono state redatte in questi anni dal FMI, dalla rete internazionale della società civile Tax Justice Network. Tutte queste liste pubblicate negli fanno capire la difficoltà a combattere i fenomeni d’illegalità legati ai paradisi fiscali. Io penso che il G 20 è servito solo a mettere qualche paletto iniziale per una politica efficace per combattere l’evasione fiscale. Per analizzare meglio il fenomeno vorrei tornare indietro e parlare dei Tax haven e dei harmful preferential tax regime per meglio spiegare le differenze tra tipologie di paradisi fiscali. Quando si parla di Tax haven si fa riferimento a Stati non aderenti all’OCSE e si caratterizzano per il livello di tassazione ridotto o inesistente, per l’assenza di scambio di informazioni con gli altri Stati, mancanza di trasparenza all’interno del proprio stato, mancanza di cooperazione nella lotta al riciclaggio di denaro sporco. Gli harmful preferential tax regime invece sono Stati che possono essere membri dell’OCSE e dell’UE e si caratterizzano per l’isolamento del regime privilegiato dal sistema tributario ordinario, mancanza di trasparenza dell’intero ordinamento, mancanza di scambio di informazioni.
Fino ad ora l’analisi sui paradisi fiscali è stata fatta solamente analizzando cause ed effetti legati al segreto bancario e al riciclaggio di denaro sporco. Io credo che per capire meglio la questione bisogna analizzare questi Paesi anche dal punto di vista economico e politico. Alcuni di questi stati sono ex colonie che hanno ottenuto l’indipendenza, perdendo di conseguenza l’apporto economico delle potenze colonizzatrici come per esempio i Territori Britannici d’Oltremare (Cayman, Isole Vergini, Tuks e Caicos ecc.). Questi Paesi avendo visto ridursi nel tempo le proprie risorse e capacità produttive, oppure affievolirsi o addirittura sparire il sostegno dato loro, originariamente assicurato da Stati economicamente più solidi e potenti. E’ per questa ragione che forniscono “ospitalità” agli ingenti capitali di soggetti residenti in Paesi terzi, contraddistinti da ordinamenti giuridici più severi e quindi attratti da una serie di predisposizioni finalizzate a supportare e rendere più agevoli, sicure e lucrose le attività finanziarie e valutarie. Dal punto di vista politico invece i paradisi fiscali sono caratterizzati dalla presenza di governi stabili ed omogenei e quasi sempre totalitari, capaci quindi (o ritenuti tali) di conferire continuità alla politica e durevolezza alle regole economiche e valutarie. Nessuna persona affiderebbe la gestione dei propri capitali accumulati in modo lecito o illecito ad istituti di credito o a società finanziarie situati in Paesi in cui l’instabilità politica potrebbe provocare una repentina crisi economica o addirittura, la confisca di tutti i capitali esistenti su quel territorio. Queste differenze fra i diversi paradisi fiscali fanno capire che le soluzioni apportate durante il G 20 non sono sufficienti. Infatti non basta intervenire solo sugli aspetti fiscali legati all’illegalità ma bisogna aiutare questi paesi a crearsi un loro “sistema paese” indipendente dal denaro dei paesi ricchi, con una loro produzione agricola e industriale in modo che abbandonino le politiche legate al segreto bancario e al riciclaggio di denaro sporco. Nei paradisi fiscali caraibici (Cayman, Antigua e Barbuda, Grenada, Saint Kitts e Nevis) per esempio, il denaro sporco riciclato nelle banche offshore viene investito in attività lecite come quella del gioco d’azzardo anche di tipo on-line. Queste banche sono le stesse che vengono utilizzate anche da finanziarie straniere per non pagare tasse, oltre ad essere le sedi legali di oltre 10.000 hedge fund
Mappa Paradisi Fiscali
LISTA OCSE 2009 Paesi che si sono implementati agli standard
fiscali internazionali
Argentina |
Ungheria |
Norvegia |
Australia |
Islanda |
Polonia |
Barbados |
Irlanda |
Portogallo |
Canada |
Isola di Man |
Russia |
Cina |
Italia |
Seichelles |
Cipro |
Giappone |
Repubblica di Slovacchia |
Repubblica Ceca |
Jersey |
Sud Africa |
Danimarca |
Corea del Sud |
Spagna |
Finlandia |
Malta |
Svezia |
Francia |
Maurizius |
Turchia |
Germania |
Messico |
Emirati Arabi Uniti |
Grecia |
Olanda |
Regno Unito |
Guemsey |
Nuova Zelanda |
USA |
|
|
Isole Vergini |
LISTA GRIGIA OCSE 2009 Paesi che si sono impegnati a rispettare
gli standard fiscali ma senza sostanzialmente applicarli
Paesi |
Anno dell’accordo |
Numero di accordi |
Paradisi Fiscali |
||
Andorra |
2009 |
(0) |
Anguilla |
2002 |
(0) |
Antigua e Barbados |
2002 |
(7) |
Aruba |
2002 |
(4) |
Bahamas |
2002 |
(1) |
Bahrain |
2001 |
(6) |
Belize |
2002 |
(0) |
Bermuda |
2000 |
(3) |
Isole Vergini Inglesi |
2002 |
(3) |
Isole Cayman |
2000 |
(8) |
Isole Cook |
2002 |
(0) |
R. Dominicana |
2002 |
(1) |
Gibilterra |
2002 |
(1) |
Grenada |
2002 |
(1) |
Liberia |
2007 |
(0) |
Liechtenstein |
2009 |
(1) |
Is. Marshall |
2007 |
(1) |
Monaco |
2009 |
(1) |
Mont Serrat |
2002 |
(0) |
Nauru |
2003 |
(0) |
Antille Olandesi |
2000 |
(7) |
Niue |
2002 |
(0) |
Panama |
2002 |
(0) |
St Kitts e Nevis |
2002 |
(0) |
St Lucia |
2002 |
(0) |
St Vincent & Granadines |
2002 |
(0) |
Samoa |
2002 |
(0) |
San Marino |
2000 |
(0) |
Turchia e Isole Caicos |
2002 |
(0) |
Vanuatu |
2003 |
(0) |
Altri Centri Finanziari |
||
Austria |
2009 |
(0) |
Belgio |
2009 |
(1) |
Brunei |
2009 |
(5) |
Cile |
2009 |
(0) |
Guatemala |
2009 |
(0) |
Lussemburgo |
2009 |
(0) |
Singapore |
2009 |
(0) |
Svizzera |
2009 |
(0) |
Lista Nera |
||
Costa Rica |
|
|
Malaysia |
|
|
Filippine |
|
|
Uruguay |
|
|
LISTA TAX JUSTICE NETWORK CENTRI FINANZIARI OFFSHORE 2005
Andorra |
Isole Cook |
Inguscezia (Russia) |
Anguilla |
Isole Marshall |
Saint Kitts e Nevis |
Antigua & Barbuda |
Isole Northern Mariana |
Santa Lucia |
Antille Olandesi |
Isole Vergini Americane |
San Vincent e le Granadine |
Aruba |
Isole Vergini Britanniche |
Samoa |
Bahamas |
Tel Aviv (Israele) |
San Marino |
Baharain |
Campione d’Italia e Trieste (Italia) |
Sao Tomé e Principe |
Barbados |
Jersey |
Seichelles |
Belgio |
Libano |
Singapore |
Balize |
Liberia |
Somalia |
Bermuda |
Liechtenstein |
Sud Africa |
Cipro |
Lussemburgo |
Melilla (Spagna) |
Costa Rica |
Macao |
Svezia |
Dominica |
Labuan (Malesia) |
Svizzera |
Dubai |
Maldive |
Taipei (Taiwan) |
Francoforte (Germania) |
Malta |
Tonga |
Gibilterra |
Mauritius |
Londra (Regno Unito) |
Grenada |
Monaco |
Repubblica Turca di Cipro del Nord |
Guernsey, Sark e Alderney |
Montserrat |
Ungheria |
Hong Kong |
Nauru |
Uruguay |
Irlanda |
Niue |
New York (USA) |
Islanda |
Paesi Bassi |
Vanuatu |
Isola di Man |
Panama |
|
Isole Cayman |
Madeira (Portogallo) |
|
Black list GAFI 2000
Paesi |
Bahamas |
Cayman Islands |
Cook Islands |
Filippine |
Israele |
Libano |
Liechtenstein |
Marshall Island |
Nauru |
Niue |
Panama |
Repubblica Dominicana |
Russia |
St Kitts and Nevis |
St Vincent and Granadines |
Alberto Galvi
alby_grande@libero.it
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