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Cambiamento climatico

La riduzione combinata dell'apporto di liquidità da parte della Federal Reserve e della Banca Centrale cinese rappresenta da alcune settimane una prospettiva radicalmente nuova per i mercati

di Redazione Soldionline 11 lug 2013 ore 15:26

Articolo a cura di Didier Saint-Georges, Membro del Comitato Investimenti di Carmignac Gestion

La riduzione combinata dell'apporto di liquidità da parte della Federal Reserve e della Banca Centrale cinese rappresenta da alcune settimane una prospettiva radicalmente nuova per i mercati. Questo doppio taglio ha sorpreso e ci ha sorpreso. Come interpretarlo? Un tale capovolgimento improvviso non si deve al vigore dell’economia statunitense e ancora meno a quella cinese; l'economia statunitense è migliorata ma rimane fragile; la Cina rallenta. La spiegazione di questo cambiamento deve quindi essere cercata altrove: probabilmente nella scelta deliberata di risanare il mercato obbligazionario prima che il rimbalzo economico non renda il compito ancora più difficile. La FED preferisce preparare fin d'ora gli investitori a una riduzione progressiva della liquidità disponibile, piuttosto che assumersi il rischio di un ritiro precipitoso dovuto a un ulteriore rimbalzo economico. Con lo stesso spirito, la Banca Centrale cinese sembra aver deciso di correggere l'eccessiva espansione del credito nel paese, prima che diventi più difficile riassorbire tranquillamente i disequilibri generati. A termine il successo di questi progetti di normalizzazione porterà al risanamento dei mercati, che in definitiva poggeranno maggiormente sui loro fondamentali anziché esclusivamente sul sostegno artificiale delle Banche Centrali. Tuttavia a nostro avviso occorre valutare bene i rischi di attuazione e l’eccesso di volatilità generati da questo cambiamento di clima.

Nei panni di Ben Bernanke
Ancora a marzo Ben Bernanke si pronunciava pubblicamente a favore del “quantitative easing” e confermava che la crisi globale iniziata nel 2008 continuava a far correre rischi deflazionisti molto seri all'economia mondiale, congratulandosi con la decisione del Giappone di adottare la stessa strategia degli Stati Uniti. Da allora, come interpretare il cambiamento di tono del Presidente della FED a maggio? L'economia statunitense mostra, certo, alcuni segnali di ripresa, ma soprattutto si può avvertire che, a meno di sette mesi dalla fine del suo secondo e ultimo mandato, Ben Bernanke non può più attendere e lasciare al suo futuro successore l'iniziativa di avviare l’inevitabile movimento di normalizzazione del bilancio della FED. Bisogna notare che questo bilancio si è moltiplicato per cinque dal 2008, gonfiato dall'esplosione delle riserve detenute dalle banche statunitensi presso la FED. Questa impennata storica non ha avuto nessun effetto inflazionistico, poiché il sistema bancario non ha convertito il fiume di liquidità messo a disposizione in prestiti all'economia (la "velocità di circolazione" della moneta è rimasta molto bassa). Tuttavia l’effetto inflazionistico si manifesterà molto rapidamente se questa velocità dovesse accelerare sotto l'impulso di un settore bancario giunto ormai ad una sorte migliore. Ben Bernanke ha quindi optato per il rischio di un inizio di normalizzazione oggi anziché aspettare che la pressione della confermata ripresa dell'economia concretizzi il rischio ben più deleterio di una brusca ripresa delle anticipazioni inflazionistiche per il suo successore. Questa strategia privilegia la prospettiva di un rialzo dei tassi decennali sui titoli di Stato a circa il 3%, sperando che questa scelta sia compatibile con la continuazione di una progressiva ripresa dell'economia statunitense. Probabilmente la FED non ha altre opzioni ragionevoli a disposizione. Occorre comunque essere coscienti che il cammino sarà stretto tra un rialzo anticipato dei tassi di interesse, che penalizzerebbe la ripresa statunitense e stroncherebbe sul nascere la timida stabilizzazione europea, e una normalizzazione tardiva che richiederebbe un brusco rialzo dei tassi. Questi due scogli non lasciano molto spazio ad un andamento favorevole dei mercati obbligazionari, mentre mantengono la possibilità di mercati azionari più resilienti, qualora la governance monetaria sia perfettamente gestita.


I Paesi emergenti doppiamente penalizzati
Dopo l'iniziativa della FED, che prevede una liquidità disponibile ridotta da investire nel mondo emergente, la politica della Banca Centrale cinese ha gettato una seconda ombra su quest'area. I mercati emergenti, sia obbligazionari che azionari, nelle ultime settimane, hanno così registrato una pesante correzione. Anche in questo caso è essenziale valutare la situazione con sufficiente distacco. Buona l’iniziativa da parte delle autorità cinesi, poiché mira a consolidare il modello di crescita del paese nel lungo termine a spese del credito facile a breve termine, all'origine delle bolle speculative e della cattiva allocazione del capitale. Come per gli Stati Uniti, ripristinare il funzionamento del sistema finanziario è un compito quasi impossible se gli investitori non ne condividano il costo in un primo tempo. I leader cinesi, come Zhu Rongji negli anni '90, sembrano infatti determinati ad accettare una crescita più debole a breve termine come prezzo della necessaria limitazione della crescita del credito. Tuttavia le probabilità di successo di questa politica non devono essere trascurate: le autorità cinesi controllano i propri mercati dei capitali e vorranno mantenere un livello di crescita tale da garantire il riequilibrio cruciale dell’economia e la pace sociale. Di conseguenza, l'universo emergente continua a offrire numerose opportunità di investimento a medio termine, a condizione di essere consapevoli di tre aspetti:

1) Le posizioni obbligazionarie, che continueranno ad approfittare del rallentamento dell'economia globale e di un’inflazione ridotta, devono concentrarsi sulle emissioni a breve termine e ad alto rating;

2) le valute dei Paesi con una bilancia delle partite correnti ampiamente deficitaria sono fragili e devono essere evitate;

3) i portafogli azionari devono continuare a privilegiare le aziende di alta qualità, che generano free cash flow.

L'aumento della volatilità non deve ridurre l'orizzonte di investimento, al contrario.
I mercati obbligazionari, in continuo rialzo da oltre 20 anni, dovranno integrare tendenzialmente la scomoda verità che la riduzione del massiccio sostegno da parte delle Banche Centrali costituisce ormai un nuovo orizzonte. I meteorologi sanno bene che i grandi cambiamenti climatici non avvengono in modo lineare e il primo sintomo sarà certamente l'aumento della volatilità.  Anche i mercati azionari saranno soggetti a questa instabilità che dovrà essere messa a profitto per raccogliere, a buoni prezzi, titoli che presentano le migliori prospettive di crescita a lungo termine. A questo proposito le aziende europee e statunitensi non sbagliano, e confermano ogni giorno che i loro investimenti per il futuro privilegiano sempre l'universo emergente. Altri temi di investimento promettenti sono la dinamica giapponese, che la politica economica attuale rende immune dal rischio di prosciugamento della liquidità globale, e il vigore del dollaro, corollario del contesto economico avviato dagli Stati Uniti. Perfino in Europa è ora possibile individuare a livelli di valutazione interessanti, aziende molto competitive e poco sensibili alla debolezza dell’Eurozona. La nostra gestione è oggi il riflesso di questa analisi (per ulteriori dettagli leggere la sezione "Strategia di investimento" che segue) poiché copre in modo molto ampio il rischio obbligazionario nei portafogli, concentrado gli investimenti azionari e obbligazionari sui titoli e sulle aree con i fondamentali più solidi, e attribuendo una parte importante agli asset in dollari. Questo approccio valido “per tutte le stagioni” ci sembra offrire oggi le migliori prospettive di performance aggiustate per il rischio.

Frase 1: La FED deve preparare gli investitori a una riduzione progressiva della liquidità disponibile.

Frase 2: L'universo emergente continua a offrire numerose opportunità di investimento a medio termine, a condizione di essere consapevoli di tre aspetti.

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