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I mercati dopo il tapering

Di per sé, l’avvio del tapering non presenta particolari criticità per i mercati mondiali. Il problema è piuttosto legato alle aspettative sui tassi futuri. Chi deve temere la svolta della Fed?

di Edoardo Fagnani 22 gen 2014 ore 14:35
Contributo a cura di IntesaSanpaolo

Questo mese la Federal Reserve ha avviato la riduzione degli acquisti di titoli annunciata alla riunione del dicembre 2013, ma di cui tutti eravamo stati preavvertiti fin dalla primavera scorsa. La svolta della politica monetaria è così ufficialmente avviata. I mercati ne hanno preso atto facendo salire i tassi a medio e a lungo termine dai minimi del primo semestre 2013.
Inevitabilmente, preoccupazioni per le conseguenze di tale svolta ed esortazioni a procedere con cautela sono già arrivate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Di per sé, l’avvio del tapering (COS'E' IL TAPERING) non presenta particolari criticità per i mercati mondiali.

fed_4L’espansione della base monetaria rimarrà, a nostro avviso, molto rapida per tutto il 2014, mentre l’aumento dell’assorbimento netto di treasuries richiesto al mercato sarà, nella peggiore delle ipotesi, pari a circa 50 miliardi di dollari, cioè un paio di aste del debito.
Il problema è piuttosto legato alle aspettative sui tassi futuri, sulle quali si concentrerà l’attenzione degli operatori una volta che la riduzione degli acquisti si avvierà a conclusione. Il preavviso lanciato da Bernanke nella primavera del 2013 ha subito risvegliato i mercati alla prospettiva che i minimi del ciclo dei tassi erano ormai alle spalle. La Federal Reserve ha tutto l’interesse a stimolare una normalizzazione graduale dei tassi, e può controllare le aspettative attraverso la forward guidance e la pubblicazione delle previsioni del FOMC; tuttavia, potrebbe incontrare grosse difficoltà se la disoccupazione continuerà a scendere nei prossimi mesi.

Chi deve temere la svolta della Fed? Sicuramente non il Giappone, dove la politica monetaria è saldamente orientata ad obiettivi domestici (la reflazione) il cui perseguimento è agevolato da una cauta normalizzazione della politica monetaria statunitense: la divergenza rispetto all’orientamento della BoJ favorisce l’indebolimento del cambio, che può accelerare la ripresa dell’inflazione. Anche la Reserve Bank of Australia, per ora, sta giocando una partita imperniata sull’aggiustamento del cambio.

Per molti altri paesi, caratterizzati da correlazione positiva con il ciclo economico americano, esistono margini di flessibilità da sfruttare e il rialzo dei tassi americani avrà risvolti ambivalenti.
L’Eurozona sta osservando, da metà 2013, segnali di una lenta ripresa economica, ma diversi fattori giustificano in pieno il mantenimento ancora per lungo tempo non soltanto di condizioni monetarie accomodanti, ma anche di un easing bias. La crescita dei prezzi si mantiene molto bassa, e l’eccesso di offerta farà sì che si mantenga tale a lungo. Inoltre, il risanamento del sistema finanziario è ancora in corso, nonostante il forte calo dei differenziali di interesse fra i titoli di stato. Ha senso per la BCE cercare di ridurre la correlazione della curva europea con quella statunitense. E anche l’Eurozona trarrebbe beneficio da un indebolimento del cambio stimolato da un allargamento dei differenziali di tasso dollaro-euro.

All’altro estremo dello spettro, troviamo paesi caratterizzati da elevato debito estero, in taluni casi con una rilevante componente in valuta estera, che assorbe una frazione rilevante degli introiti valutari derivanti dall’export e magari da riserve valutarie scarse. Questi paesi hanno beneficiato fino a poco tempo fa di un trattamento favorevole da parte degli investitori, perché la prospettiva di un lungo periodo di tassi bassi e in calo conteneva il rischio di crisi e rendeva più attraenti i rendimenti da loro promessi.
Gli stessi paesi sono ora, però, quelli più a rischio di correzioni disordinate della bilancia dei pagamenti, nella forma di un repentino prosciugamento dei flussi di capitale in ingresso. Un buon esempio è la Turchia, dove peraltro si aggiunge anche un tema di instabilità politica.
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