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Tutti la chiaman recessione

Anche Warren Buffet, il mitico investitore di Omaha, ha pronunciato la parola che inizia con la lettera R. Smentendo se stesso, a distanza di 3 settimane, ha affermato che gli Stati Uniti d’America sono in recessione secondo ogni valutazione di buon senso.

di La redazione di Soldionline 10 mar 2008 ore 10:17

U.S.A.: tutti la chiaman recessione  

Anche Warren Buffet, il mitico investitore di Omaha, ha pronunciato la parola che inizia con la lettera R. Smentendo se stesso, a distanza di 3 settimane, ha affermato che gli Stati Uniti d'America sono in recessione secondo ogni valutazione di buon senso. Al di là della definizione tecnica, cioè dei due trimestri consecutivi negativi di crescita, è chiaro che gli U.S.A. si trovano di fronte alla peggiore crisi economica dal 2002 a oggi. Noi siamo ancora ottimisti sulla capacità del Paese di uscire rapidamente dall'empasse, senza danni permanenti per il tessuto economico, tuttavia occorre rilevare come questa crisi abbia una natura piuttosto anomala rispetto al solito. Non è infatti una crisi di fatturato delle aziende, ma essenzialmente una crisi del credito, o meglio della fiducia da parte delle banche a concedere credito alle famiglie e alle imprese. I tassi bancari dei mutui sono oggi più alti di quelli della scorsa estate, nonostante i due punti abbondanti di riduzione dei Fed Funds da Settembre ad oggi, mentre l'attività di fusione ed acquisizione delle aziende è praticamente ferma a causa del rifiuto da parte degli istituti di credito di concedere finanziamenti a tassi ragionevoli. Il problema vero è  che non c'è denaro, o meglio non c'è disponibilità di denaro a buon prezzo. La Fed, a scorsa settimana, è corsa ai ripari portando le operazioni quotidiane di rifinanziamento fino ad un massimo di 100 miliardi di Dollari. Decidendo di usare questo strumento, invece della leva dei tassi d'interesse  per aumentare la disponibilità di denaro del sistema, ha effettivamente concesso un allargamento dei cordoni del credito. Staremo a vedere se queste operazioni, unitamente alle altre frecce a disposizione della Fed e del mondo politico aiuteranno il paese a ritrovare la strada della fiducia e della crescita.

Per il momento le difficoltà sembrano prevalere e condizionare pesantemente il Dollaro che continua a perdere terreno nei confronti di tutte le altre valute. Il differenziale di tasso con l'Euro continua ad allargarsi e raggiungerà il culmine probabilmente durante l'estate. La nostra previsione assegna una probabilità dell' 80% di trovare i Fed Funds al 2% o meno entro Luglio, mentre dal fronte inflazione arrivano segnali allarmanti. Il CPI non core è ai livelli della primavera 2006, quando i tassi d'interesse erano al culmine. Oggi il rischio è che l'inflazione sfugga di mano, provocando un ulteriore ondata di svalutazione del Dollaro. Consigliamo di non prendere posizioni speculative a favore del biglietto verde, ma di aspettare eventualmente ancora qualche mese quando si avranno maggiore certezze sui tempi di recupero dell'economia statunitense.

Eurozona e paesi G7: differenze di calibro per la politica dei tassi d'interesse

La Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi di interesse per il nono mese consecutivo. Questa decisione era ampiamente prevista, nonostante il momento difficile per i mercati finanziari segnati dall'apprezzamento dell'Euro e dal rallentamento dell'attività economica. L'obiettivo primario della BCE è la stabilità dei prezzi e non ci si poteva aspettare un esito differente. Tuttavia i mercati credevano che  Trichet avrebbe speso parole a favore del rilancio dell'attività economica  con l'aiuto della Banca Centrale, anche solo quando il rallentamento dell'inflazione lo avesse permesso. Ma nulla di tutto ciò è venuto fuori dalla conferenza stampa; Trichet ha ribadito che la BCE mantiene il suo impegno per prevenire gli effetti secondari sull' aumento dei prezzi al consumo derivanti dal costo delle materie energetiche ed alimentari. Gli esperti della Banca Centrale hanno innalzato le previsione sull'inflazione dei prossimi due anni ed hanno, al contempo, ridotto le aspettative per la crescita. Per il 2008, la previsione è di una inflazione media del 2,9%. Questo ci porta a pensare che il taglio dei tassi della tarda primavera sarà condizionato dai dati che verranno dal fronte prezzi nei prossimi due mesi. Trichet ha deluso i mercati che si aspettavano parole di allerta sulla situazione economica dell'Eurozona, ma soprattutto sono mancati riferimenti all'aumento dei tassi interbancari e al notevole apprezzamento dell'Euro.

Passando alla nostra valutazione dell'Eurozona, sottolineiamo come l'economia del vecchio continente continui a perdere slancio. L'aumento del PIL trimestrale è sceso allo 0,4% dallo 0,8% del trimestre precedente, mentre il dato tendenziale annuo è sceso al 2,2%. Il declino degli indicatori macro-economici dell'attività manifatturiera, come il PMI riportato a fianco, indicano un ulteriore indebolimento durante il 2008. Noi crediamo che la crescita del PIL di quest'anno potrà essere dell' 1,5%, un dato molto deludente. L'Italia probabilmente avrà una crescita non superiore allo 0,5%.

La BCE sembra fare orecchie da mercante a questa situazione, come pure alla anomala vicenda dello spread tra il Bund tedesco e gli altri bond decennali, giunto ai massimi dall'introduzione dell'Euro. In particolare il BTP italiano sconta un rischio estremamente alto, segno della sfiducia nel concedere crediti a rischio da parte dei mercati.

Sulle valute consigliamo di mantenere le posizioni strategiche a favore dell'Euro e del Franco svizzero almeno fino a quando le tensioni inflazionistiche resteranno evidenti. In questo momento solo un rallentamento della corsa dei prezzi potrebbe contribuire ad arrestare l'avanzata della valuta unica. Il Franco resta un bene rifugio durante le crisi finanziarie e crediamo potrà continuare ad apprezzarsi contro Dollaro e Yen giapponese.

Anche la Banca d'Inghilterra ha lasciato invariato il costo del denaro al 5,25%, tuttavia la divisa britannica non beneficia del bias positivo dell'Euro e del Franco a causa delle minori pressioni inflazionistiche interne e della maggiore correlazione della propria economia con quella U.S.A.. Crediamo che il GBP possa continuare ad apprezzarsi nel medio periodo contro l'USD e CAD.

La RBA, la Reserve Bank of Australia, unica tra le banche centrali, ha innalzato i tassi d'interesse portandoli al 7,25%. Il momentum economico australiano resta estremamente favorevole, grazie all'alto prezzo delle materie prime e all'inesauribile mercato dell'Est asiatico, che continua a trainare la crescita mondiale. Riteniamo saggio mantenere in portafoglio valute ad alto yield che rappresentano economie in espansione come quella dell'Australia o di alcuni paesi emergenti come India e Brasile.

Il Mercato dei Cambi, outlook per la settimana 10 - 16 Marzo 2008

Tavola delle correlazioni degli ultimi 252 giorni di scambi

Analisi della rischiosità dei singoli cross (volatilità e variazione dalla scorsa settimana):

Indice Carry Trade:

(Indice composto dai seguenti cross: EURJPY, EURCHF, GBPJPY, GBPCHF, AUDJPY, AUDCHF)

Analisi delle singole valute basate su criteri macro-economici* :

USD:  debolezza
EUR: 
neutralità
JPY:  
neutralità
GBP:
 debolezza
CHF:
 neutralità
CAD:
debolezza
AUD:
forza
NZD:
neutralità

MARKET RISK METER:  
Il rischio complessivo del mercato dei cambi è alto, oltre il 65 percentile rispetto al dato storico. Ciò comporta pressione sulle valute con alto yield e una possibile rivalutazione delle valute a basso yield, tipico di un mercato avverso al rischio. In questo contesto le valute deboli nei fondamentali tendono ad apprezzarsi a seguito della liquidazione delle posizioni più remunerative.

*Analisi svolta tramite l'uso di regressori sui principali indicatori macro: PIL, inflazione, tassi di interesse, produzione industriale, bilancia dei pagamenti e redditi personali.

Asset allocation consigliata* :

Arrivederci alla prossima settimana.

Simone Paolini    

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