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Tango Bond: Argentina ufficialmente in default

Per la seconda volta in 13 anni, dopo il primo drammatico crack del 2001, l'Argentina è in default. Si sono infatti dissolte le speranze di un accordo tra Buenos Aires e gli hedge

di Mauro Introzzi 31 lug 2014 ore 09:47
L'evento era atteso, ma ora è ufficiale. Per la seconda volta in 13 anni, dopo il primo drammatico crack del 2001, l'Argentina è in default. Si sono infatti dissolte le speranze del raggiungimento di un accordo tra Buenos Aires e gli hedge fund americani. Il Governo di Cristina Kirchner, dopo la moratoria di un mese ottenuta a fine giugno, puntava a una sospensione dell'ordinanza della Corte Suprema Usa, che con il giudice distrettuale Thomas Griesa imponeva al Tesoro argentino il pagamento di 1,33 miliardi di dollari.

argentina_24L'ultima speranza era riporta su un fantomatico consorzio di banche private argentine che, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe potuto lanciare un'offerta per acquistare i bond in mano agli hedge fund. Ma anche questa estrema ipotesi è svanita.

Molti ritengono che Buenos Aires potrebbe aver valutato che è meglio un default pilotato
, con la possibilità di trattare poi a condizioni meno onerose, piuttosto che scendere a patti con gli hedge. Forse anche per questo il default era ormai atteso.

Nelle scorse ore, intanto, l'agenzia di rating Standard & Poor's aveva messo l'Argentina in "selective default". Il crack era stato anche preannunciato dal Fondo Monetario Internazionale: solo un paio di giorni fa lo aveva previsto la stessa Christine Lagarde, che ha però anche indicato che "sebbene un default sia sempre spiacevole" quello dell'Argentina "non avrebbe conseguenze sostanziali sull'esterno".

Secondo gli esperti di JCI Capital Ltd il contesto è diverso da quello del 2001 e l’ipotesi più accreditata è che il Paese attenda il prossimo 31 dicembre 2014 (data in cui scadrà la clausola RUFO, quella che garantusce agli obbligazionisti le stesse condizioni più favorevoli eventualmente concesse) e poi riprendere eventuali accordi con i fondi. Secondo JCI Capital, infine, non ci sono novità per i risparmiatori italiani “ribelli” che non aderirono alla ristrutturazione.
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