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Rassegna stampa economica del 26 febbraio 2015

di Mauro Introzzi 26 feb 2015 ore 09:14 Le news sul tuo Smartphone

Il fisco tratta con i grandi del web (Il Sole24Ore)
Il quotidiano economico descrive i negoziati in corso tra i giganti esteri della Rete e della tecnologia (Google, Amazon e Apple) e il fisco italiano dopo la smentita, da parte della stessa Google, dell'accordo tra il gruppo di Brin e Page e le autorità italiane che secondo il Corriere della Sera avrebbe previsto il pagamento di 320 milioni di euro da parte del colosso di Mountain View.
La notizia e la smentita cadono in un momento molto delicato del confronto che sta avvenendo da quasi tre anni tra l’amministrazione finanziaria italiana e le multinazionali del web (e non solo di questo settore) che sono finite nel mirino per le modalità organizzative con cui operano in Italia e soprattutto per i modelli di pianificazione aggressiva con cui finiscono per eludere, anche attraverso il cosiddetto Double Irish, il pagamento delle imposte in Italia trasferendo i profitti in paradisi fiscali o paesi a fiscalità privilegiata (a partire dall’Irlanda).
A finire sotto la lente degli 007 del Fisco sono, appunto, i modelli organizzativi delle multinazionali che dirottano, sfruttando le lacune della normativa fiscale domestica, i propri ricavi verso le sedi aperte in paesi a fiscalità privilegiata.

Serra sui non performing loan di Banca Etruria (MF)

Il quotidiano finanziario scrive che tra i fondi interessati a rilevare alcuni asset di Banca Etruria commissariata lo scorso 11 febbraio c'è anche Algebris Npl Fund 1, il fondo di Davide Serra riservato agli investitori istituzionali lanciato ad ottobre 2014 che si era posto come target di raccolta 400 milioni e che invece ne ha raccolti 440.
Forte di questa liquidità il veicolo, espressamente focalizzato su operazioni di investimento in banche italiane, sta guardando ai diversi portafogli delle popolari. Compreso quello di Banca Etruria.
Secondo quanto riporta MF il fondo sarebbe interessato anche a vagliare la partecipazione a un'eventuale ricapitalizzazione della banca.

Una holding (obbligatoria) per le Bcc. Con un tetto al 10% per i soci esterni (Corriere della Sera)

Il quotidiano riporta le ultime novità sulla riforma delle banche popolari: lo schema, secondo il Corriere della Sera, è quello del modello federale, con una capogruppo in forma di spa posseduta per almeno un terzo del capitale dalle Banche di credito cooperativo aderenti. E sotto le Bcc legate da un «contratto» alla holding capofila che esercita i poteri di indirizzo, stabilisce i criteri prudenziali nel credito e ratifica la nomina della maggioranza dei membri delle banche mutualistiche federate.
È questa la direzione in cui sembrano spingere la Banca d’Italia e il Tesoro per l’autoriforma dei 379 istituti con 1,2 milioni di soci che costituiscono il sistema delle Bcc.
Bankitalia spingerebbe per una sola Holding spa di tutta la categoria e con adesione obbligatoria, visto che altrimenti decadrebbe la licenza. Nessun socio diverso dalle Bcc potrebbe avere più del 10%, a tutela del carattere federativo, ma in teoria i due terzi del capitale potrebbero venire destinati ad altri soci che apportino nuove risorse.

Opa Mediaset su RaiWay ma il governo la blocca: “Il 51% resta pubblico” (La Repubblica)

Il Governo, ieri ha bloccato la scalata del gruppo Berlusconi alle torri della Rai. Il quotidiano evidenzia che con un comunicato effettuato a Borsa chiusa il ministero dello Sviluppo Economico ha ribadito che, "anche considerata l’importanza strategica delle infrastrutture di rete, un Decreto del premier del 2 settembre 2014 ha stabilito di mantenere in capo a Rai una quota nel capitale di Rai Way non inferiore al 51%". Così l'offerta da 1,2 miliardi di euro lanciata da Ei Towers, controllata al 40% da Mediaset, sulla totalità delle azioni Rai Way decade.
Appare evidente che un’offerta di questa portata, giunta dal principale concorrente della Rai, avrebbe sollevato un vespaio, soprattutto se arriva alla vigilia di un annunciato provvedimento legislativo che dovrebbe riguardare proprio il riordino del servizio pubblico televisivo.
Secondo il quotidiano resta da capire fino in fondo la logica del lancio dell’Opa su Rai Way senza un preventivo accordo con la società bersaglio e con il governo per il buon esito dell’operazione. Forse gli uomini del Biscione pensavano che la bontà dell’offerta sotto il profilo della valutazione avesse potuto far breccia sul governo Renzi che ha nel suo programma una serie di privatizzazioni.
In ogni caso l’operazione dovrebbe essere anche vagliata dall’antitrust.

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