Come riavviare il PIL italiano e quello europeo
Capire perché il PIL si sia contratto in maniera tanto feroce dal 2007 al 2013 rappresenta il primo passo per ipotizzare interventi di politica economica che ne contrastino il declino
di Redazione Soldionline 8 apr 2014 ore 12:26
A cura di Paolo Sassetti
Capire perché il PIL del nostro Paese si sia contratto in maniera tanto “feroce” dal 2007 al 2013 rappresenta il primo passo per ipotizzare interventi di politica economica che ne contrastino efficacemente il declino e per valutare se le iniziative ventilate dal Governo siano sufficienti ad invertirne drasticamente la direzione di marcia o se siano necessarie delle integrazioni.
INFOGRAFICA: Pil Italia, le stime di Confcommercio
Il punto di partenza dell’analisi può essere solo il confronto sulla composizione del PIL negli anni 2000-2007-2013 a prezzi costanti 2005 (e quindi a volumi reali), in modo da non essere fuorviati nell’analisi dalla variazione dei prezzi delle merci e dei servizi.
Tra l’anno 2007 (anno di picco del PIL italiano) ed il 2013 il PIL ha perso 127,4 miliardi di euro, pari all’8,5%. Nello stesso periodo, senza considerare alcune poste minori (valori e percentuali arrotondati):
- i consumi privati della famiglie si sono contratti di 65,8 miliardi, pari al 7,6%
- la spesa pubblica si è contratta di 11 miliardi pari al 3,8%
- gli investimenti tecnici lordi si sono contratti di 84,5 miliardi, pari al 26,7%
- mentre le esportazioni nette sono cresciute da 5,2 a 50,5 miliardi, quindi offrendo un contributo di + 45,3 miliardi al PIL.
Alcuni considerazioni su queste cifre:
- non solo la spesa pubblica è scesa meno di altri aggregati nel periodo 2007-2013, ma essa si è comunque attestata in termini reali oltre i valori dell’anno 2000 (+11,2%), mentre i consumi delle famiglie 2013 sono sotto quel valore (-1,8%)
- le esportazioni nette si sono incrementate in valore assoluto e come peso sul PIL perché la caduta delle importazioni (-13,8%) è stata superiore alla caduta delle esportazioni (-3,1%). Si consideri, tuttavia, che il peso delle esportazioni nette sul PIL nel 2013 era “solo” del 3,7%, per cui il contributo di questa voce alla crescita del PIL nel breve termine può essere solo limitato. Inoltre, una ripresa dei consumi e del PIL sicuramente aumenterebbe le importazioni e ridurrebbe il contributo delle esportazioni nette alla crescita del PIL. Basta verificare che nell’anno di picco della nostra economia (il 2007) le esportazioni nette contribuivano solo allo 0,35% del PIL. Quindi, il peso attuale delle esportazioni nette sul PIL (3,7%) è destinato a ridimensionarsi man mano che il PIL tornerà a crescere, sia pur lentamente
- la voce che in maniera più macroscopica (sia in valore assoluto, sia in percentuale) ha contribuito alla caduta del PIL è stata quelle degli investimenti tecnici lordi. Nel 2013, poi, per la prima volta dal 2000, gli investimenti tecnici netti (cioè a netto degli ammortamenti) sono risultati negativi, cioè il Paese non ha neppure fatto fronte alla naturale obsolescenza delle sue immobilizzazioni tecniche, procedendo nella sostanza ad un disinvestimento netto delle sue attività tecniche.
Vediamo come deve essere disaggregata la caduta degli investimenti tecnici lordi:
Degli 84,5 miliardi di caduta degli investimenti (e quindi di minor PIL) tra il 2007 ed il 2013:
- 46,5 miliardi derivano da una caduta delle costruzioni
- 29,4 miliardi derivano da una caduta degli investimenti in impianti e macchinari
INFOGRAFICA: Il Pil italiano dal 2009 a tutto il 2013
Appare evidente l’effetto fortemente depressivo sul PIL, connesso al rallentamento complessivo dell’economia, indotto dalla caduta degli investimenti in costruzioni ed in impianti e macchinari. In particolare le costruzioni sono un settore che “scarica” la domanda su gran parte della produzione nazionale con un impatto ridotto sulle importazioni.
Sulle costruzioni – o, meglio, sulla ristrutturazione delle costruzioni – va quindi data la massima enfasi nella politica economica. Da una parte il Paese ha un patrimonio edile industriale (fabbriche, capannoni industriali) sempre più inadeguato a standard costruttivi ed energetici europei (ad esempio non a prova di eventi tellurici), dall’ altra parte l’edilizia residenziale privata va stimolata tramite un piano di incentivi alle ristrutturazioni e non alle nuove costruzioni onde evitare il continuo consumo del suolo.
Il moltiplicativo sul PIL sarebbe superiore alla semplice operazione congegnata dal Governo di tagliare la spesa pubblica “improduttiva” per incrementare di pari misura il reddito disponibile delle famiglie. Questa operazione è utile socialmente, ma è probabile che la sua spinta propulsiva sul PIL sia limitata dalla (a) comunque esistente propensione marginale al risparmio delle famiglie e (b) dall’aumento delle importazioni indotto dall’aumento dei consumi privati (nel 2007, anno di picco del PIL le importazioni erano quasi pari alle esportazioni).
Mentre non è possibile attuare politiche fiscali discriminanti tra beni prodotti nel Paese e prodotti importati, è lecito realizzare politiche di agevolazione fiscale a favore di settori che hanno una bassa incidenza di importazioni, ed il settore delle costruzioni è uno di questi. Ridurre l’IVA sui beni e sui materiali che vengono impiegati nel settore delle costruzioni ed incrementare la deducibilità delle spese di ristrutturazione degli immobili sono due interventi da perseguire con decisione e senza preoccupasi della possibile apparente riduzione immediata del gettito fiscale.
* * *
Il taglio della spesa pubblica finalizzato alla restituzione fiscale alle famiglie, anche se è utile socialmente, rischia di risolversi in una operazione a “sostanziale” somma zero sulla crescita del PIL o, comunque, ad impatto seriamente limitato.
Ogni operazione a somma zero sul bilancio dello Stato corre questo rischio, salvo quella di restituzione alle famiglie del minor onere sul nostro debito pubblico detenuto da investitori esteri. Infatti, l’onere sul debito pubblico detenuto dalle famiglie italiane alimenta comunque il reddito disponibile: restituire alle famiglie quello che hanno perso sul fronte dell’impiego dei risparmi non può ragionevolmente generare un grande impatto sui consumi.
In breve, sperare nello stimolo sostanziale al PIL indotto da operazioni a “somma zero” sul bilancio dello Stato significa perpetuare le illusioni delle “politiche dell’offerta” che si sono rivelate fallimentari in una condizione di stagnazione economica. Ma anche all’interno delle numerose politiche di bilancio a “somma zero” possibili possono individuarsi interventi più o meno efficaci in termini di moltiplicativo del PIL.
Rimane, tuttavia, la mia convinzione che, per far uscire l’Europa dalla attuale fase di recessione o stagnazione (Italia) o, nel migliore dei casi, di bassa crescita (Germania), sia necessario uno stimolo monetario almeno temporaneo che non alimenti il debito pubblico.
Ho già descritto come realizzare questa manovra e, per non ripetermi in questa sede, rimando a quando già scritto e detto.
Paolo Sassetti
Alcuni interventi dell'autore:
- Proposta organica, "Come rompere la spirale recessiva delle economie europee" - La Finanza
- "Finanza in piazza" a Galbiate (Lecco), Settembre 2012
- Intervento on line del 13 Marzo 2013
Capire perché il PIL del nostro Paese si sia contratto in maniera tanto “feroce” dal 2007 al 2013 rappresenta il primo passo per ipotizzare interventi di politica economica che ne contrastino efficacemente il declino e per valutare se le iniziative ventilate dal Governo siano sufficienti ad invertirne drasticamente la direzione di marcia o se siano necessarie delle integrazioni.
INFOGRAFICA: Pil Italia, le stime di Confcommercio
Il punto di partenza dell’analisi può essere solo il confronto sulla composizione del PIL negli anni 2000-2007-2013 a prezzi costanti 2005 (e quindi a volumi reali), in modo da non essere fuorviati nell’analisi dalla variazione dei prezzi delle merci e dei servizi.
2000 | 2007 | 2013 | |
RISORSE | 1.697.297 | 1.916.035 | 1.726.222 |
prodotto interno lordo ai prezzi di mercato | 1.367.801 | 1.492.671 | 1.365.227 |
importazioni di beni e servizi fob | 329.151 | 422.937 | 364.642 |
importazioni di beni fob | 262.998 | 335.699 | 293.680 |
importazioni di servizi fob | 66.064 | 87.342 | 71.299 |
di cui: acquisti all'estero dei residenti | 12.708 | 14.818 | 13.637 |
IMPIEGHI | 1.697.297 | 1.916.035 | 1.726.222 |
spesa per consumi finali nazionali | 1.071.299 | 1.162.585 | 1.085.267 |
spesa per consumi finali delle famiglie residenti | 812.230 | 863.117 | 797.276 |
spesa per consumi finali delle famiglie sul territorio economico | 833.440 | 878.250 | 811.722 |
acquisti all'estero dei residenti (+) | 12.708 | 14.818 | 13.637 |
acquisti sul territorio dei non residenti (-) | 33.773 | 29.955 | 28.075 |
spesa per consumi finali delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni sociali private senza scopo di lucro al servizio delle famiglie (isp) | 258.799 | 299.468 | 288.423 |
spesa per consumi finali delle amministrazioni pubbliche | 254.259 | 293.765 | 282.702 |
spesa per consumi finali delle istituzioni sociali private senza scopo di lucro al servizio delle famiglie | 4.543 | 5.704 | 5.722 |
investimenti fissi lordi | 277.553 | 316.570 | 232.101 |
investimenti fissi netti | 81.413 | 84.770 | -8.908 |
ammortamenti | 196.311 | 231.803 | 243.075 |
oggetti di valore | 3.602 | 1.781 | 904 |
esportazioni di beni e servizi fob | 343.537 | 428.114 | 415.164 |
esportazioni di beni | 272.169 | 347.144 | 342.657 |
esportazioni di servizi fob | 71.551 | 80.948 | 72.545 |
di cui: acquisti sul territorio dei non residenti | 33.773 | 29.955 | 28.075 |
Tra l’anno 2007 (anno di picco del PIL italiano) ed il 2013 il PIL ha perso 127,4 miliardi di euro, pari all’8,5%. Nello stesso periodo, senza considerare alcune poste minori (valori e percentuali arrotondati):
- i consumi privati della famiglie si sono contratti di 65,8 miliardi, pari al 7,6%
- la spesa pubblica si è contratta di 11 miliardi pari al 3,8%
- gli investimenti tecnici lordi si sono contratti di 84,5 miliardi, pari al 26,7%
- mentre le esportazioni nette sono cresciute da 5,2 a 50,5 miliardi, quindi offrendo un contributo di + 45,3 miliardi al PIL.
Alcuni considerazioni su queste cifre:
- non solo la spesa pubblica è scesa meno di altri aggregati nel periodo 2007-2013, ma essa si è comunque attestata in termini reali oltre i valori dell’anno 2000 (+11,2%), mentre i consumi delle famiglie 2013 sono sotto quel valore (-1,8%)
- le esportazioni nette si sono incrementate in valore assoluto e come peso sul PIL perché la caduta delle importazioni (-13,8%) è stata superiore alla caduta delle esportazioni (-3,1%). Si consideri, tuttavia, che il peso delle esportazioni nette sul PIL nel 2013 era “solo” del 3,7%, per cui il contributo di questa voce alla crescita del PIL nel breve termine può essere solo limitato. Inoltre, una ripresa dei consumi e del PIL sicuramente aumenterebbe le importazioni e ridurrebbe il contributo delle esportazioni nette alla crescita del PIL. Basta verificare che nell’anno di picco della nostra economia (il 2007) le esportazioni nette contribuivano solo allo 0,35% del PIL. Quindi, il peso attuale delle esportazioni nette sul PIL (3,7%) è destinato a ridimensionarsi man mano che il PIL tornerà a crescere, sia pur lentamente
- la voce che in maniera più macroscopica (sia in valore assoluto, sia in percentuale) ha contribuito alla caduta del PIL è stata quelle degli investimenti tecnici lordi. Nel 2013, poi, per la prima volta dal 2000, gli investimenti tecnici netti (cioè a netto degli ammortamenti) sono risultati negativi, cioè il Paese non ha neppure fatto fronte alla naturale obsolescenza delle sue immobilizzazioni tecniche, procedendo nella sostanza ad un disinvestimento netto delle sue attività tecniche.
Vediamo come deve essere disaggregata la caduta degli investimenti tecnici lordi:
2000 | 2007 | 2013 | ||
Prodotto | ||||
coltivazioni e allevamenti | 660 | 654 | 487 | |
altri impianti e macchinari | 95.120 | 107.507 | 78.150 | |
mezzi di trasporto | 27.515 | 29.771 | 22.754 | |
costruzioni | 137.463 | 162.299 | 115.779 | |
di cui abitazioni | 60.087 | 72.681 | 53.983 | |
di cui fabbricati non residenziali e altre opere | 65.882 | 74.420 | 50.688 | |
di cui costi per trasferimento di proprietà | 11.440 | 15.195 | 11.121 | |
beni immateriali prodotti | 15.977 | 16.372 | 15.227 | |
investimenti fissi lordi | 277.553 | 316.570 | 232.101 |
Degli 84,5 miliardi di caduta degli investimenti (e quindi di minor PIL) tra il 2007 ed il 2013:
- 46,5 miliardi derivano da una caduta delle costruzioni
- 29,4 miliardi derivano da una caduta degli investimenti in impianti e macchinari
INFOGRAFICA: Il Pil italiano dal 2009 a tutto il 2013
Appare evidente l’effetto fortemente depressivo sul PIL, connesso al rallentamento complessivo dell’economia, indotto dalla caduta degli investimenti in costruzioni ed in impianti e macchinari. In particolare le costruzioni sono un settore che “scarica” la domanda su gran parte della produzione nazionale con un impatto ridotto sulle importazioni.
Sulle costruzioni – o, meglio, sulla ristrutturazione delle costruzioni – va quindi data la massima enfasi nella politica economica. Da una parte il Paese ha un patrimonio edile industriale (fabbriche, capannoni industriali) sempre più inadeguato a standard costruttivi ed energetici europei (ad esempio non a prova di eventi tellurici), dall’ altra parte l’edilizia residenziale privata va stimolata tramite un piano di incentivi alle ristrutturazioni e non alle nuove costruzioni onde evitare il continuo consumo del suolo.
Il moltiplicativo sul PIL sarebbe superiore alla semplice operazione congegnata dal Governo di tagliare la spesa pubblica “improduttiva” per incrementare di pari misura il reddito disponibile delle famiglie. Questa operazione è utile socialmente, ma è probabile che la sua spinta propulsiva sul PIL sia limitata dalla (a) comunque esistente propensione marginale al risparmio delle famiglie e (b) dall’aumento delle importazioni indotto dall’aumento dei consumi privati (nel 2007, anno di picco del PIL le importazioni erano quasi pari alle esportazioni).
Mentre non è possibile attuare politiche fiscali discriminanti tra beni prodotti nel Paese e prodotti importati, è lecito realizzare politiche di agevolazione fiscale a favore di settori che hanno una bassa incidenza di importazioni, ed il settore delle costruzioni è uno di questi. Ridurre l’IVA sui beni e sui materiali che vengono impiegati nel settore delle costruzioni ed incrementare la deducibilità delle spese di ristrutturazione degli immobili sono due interventi da perseguire con decisione e senza preoccupasi della possibile apparente riduzione immediata del gettito fiscale.
* * *
Il taglio della spesa pubblica finalizzato alla restituzione fiscale alle famiglie, anche se è utile socialmente, rischia di risolversi in una operazione a “sostanziale” somma zero sulla crescita del PIL o, comunque, ad impatto seriamente limitato.
Ogni operazione a somma zero sul bilancio dello Stato corre questo rischio, salvo quella di restituzione alle famiglie del minor onere sul nostro debito pubblico detenuto da investitori esteri. Infatti, l’onere sul debito pubblico detenuto dalle famiglie italiane alimenta comunque il reddito disponibile: restituire alle famiglie quello che hanno perso sul fronte dell’impiego dei risparmi non può ragionevolmente generare un grande impatto sui consumi.
In breve, sperare nello stimolo sostanziale al PIL indotto da operazioni a “somma zero” sul bilancio dello Stato significa perpetuare le illusioni delle “politiche dell’offerta” che si sono rivelate fallimentari in una condizione di stagnazione economica. Ma anche all’interno delle numerose politiche di bilancio a “somma zero” possibili possono individuarsi interventi più o meno efficaci in termini di moltiplicativo del PIL.
Rimane, tuttavia, la mia convinzione che, per far uscire l’Europa dalla attuale fase di recessione o stagnazione (Italia) o, nel migliore dei casi, di bassa crescita (Germania), sia necessario uno stimolo monetario almeno temporaneo che non alimenti il debito pubblico.
Ho già descritto come realizzare questa manovra e, per non ripetermi in questa sede, rimando a quando già scritto e detto.
Paolo Sassetti
Alcuni interventi dell'autore:
- Proposta organica, "Come rompere la spirale recessiva delle economie europee" - La Finanza
- "Finanza in piazza" a Galbiate (Lecco), Settembre 2012
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