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Correzione in atto sui mercati azionari

Alla fine i crescenti timori in merito alla congiuntura economica globale, accentuati anche da un contesto che vede da un lato l’incertezza sull’exit strategy della FED, dall’altro il profilarsi minaccioso della variabile esogena ebola, stanno favorendo il processo di correzione in atto sui mercati azionari

di Redazione Soldionline 15 ott 2014 ore 10:16

A cura della Direzione Advisory di Bim, Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni

Alla fine i crescenti timori in merito alla congiuntura economica globale, accentuati anche da un contesto che  vede da un lato l’incertezza sull’exit strategy della FED, dall’altro il profilarsi minaccioso della variabile esogena ebola, stanno favorendo il processo di correzione in atto sui mercati azionari.

Se si escludono gliStati Uniti, le preoccupazioni riguardano un po’ tutte le principali economie, anche se il “grande malato” continua ad essere l’Europa. Nell’ambito di quest’ultima la debolezza congiunturale di Italia e Francia, i due “malati cronici”, non rappresentapergli operatori una novità, ma nelle prime due settimane di ottobre le sorprese negative sono giunte dalla Germania, che si trattasse di indicatori anticipatori come PMI, indice ZEW e ordinativi, piuttosto che di dati consuntivi come produzione industriale e bilancia commerciale.

analisi-tecnica_4Le crescenti preoccupazioni sullo stato di salute dell’economia presentano anche una metà mezza piena del bicchiere rappresentata dalle conseguenze in termini di politica monetaria, soprattutto con riguardo alle prossime mosse della FED. Dopo la diffusione delle Minute dell’ultimo FOMC, dalle quali è emersala preoccupazione di numerosi membri sulle possibili conseguenze sull’economia americana dalla crisi europea e dal rafforzamento del dollaro, gli operatori hanno rinviato le aspettative di rialzo dei tassi da parte della Yellen. Sulla stessa lunghezza d’onda (cioè piuttosto dovish) sono stati la maggior parte degli interventi dei rappresentanti della FED nelle ultime settimane. Al di là dell’exit strategy della FED restiamo dell’idea che la situazione particolarmente critica dell’Europa porterà a qualche azione concreta sulle riforme strutturali e di riflesso sulle politiche fiscali, il tutto ovviamente accompagnato da un crescente supporto da parte della BCE. In questo senso le recenti difficoltà dell’economia tedesca potrebbero avere un risvolto positivo, consideratele crescenti pressioni per una maggiore flessibilità sul fronte fiscale, che adesso iniziano anche ad arrivare dal fronte interno del paese. Di conseguenza, in uno scenario in cui la liquidità dovrebbe ancora fornire un supporto ai mercati finanziari, riteniamo che, in assenza di shock esogeni (la vicenda ebola resta una variabile imponderabile), non vi siano le condizioni per l’avvio di un bear market. In questo contesto divenuto più incerto gli Stati Uniti, seppure con valutazioni decisamente piene sui fondamentali, vantano l’indiscusso pregio di presentare lo scenario più costruttivo e con la maggiore visibilità, mentre l’Europa e soprattutto l’Italia vanno inquadrate più come opzioni: ampio spazio di potenziale recupero, ma rischio altrettanto elevato (tra l’altro, crescente nelle ultime settimane).

Resta il fatto che ad ogni nuovo giro le politiche espansive delle Banche Centrali sono progressivamente meno efficaci in termini di assets inflation, senza dimenticare che non essendo sostenibili all’infinito diventano un problema serio se non sono seguite da qualche miglioramento concreto dell’economia reale.
A questo riguardo sarà pertanto importante continuare a monitorare:
-la capacità di effettivo decoupling dell’economia americana dalla congiuntura globale;
-le iniziative che saranno in grado di mettere in atto i policymakers europei;
-le prossime  azioni del Governo giapponese pervedere qualche risultato dall’Abenomics che non sia soltanto la debolezza dello yen;
-l’effettiva tenuta dell’economia cinese considerato che i vertici del paese hanno recentemente ribadito il raggiungimento dei target senza la necessità di mettere in campo politiche espansive su larga scala.

Nell’attesa di avere più o meno conferme su questi aspetti, è probabile che nel breve termine la volatilità resti elevata:
in un’ottica di brevissimo il quadro tecnico sull’S&P500 (l’indice guida e che sinora aveva mantenuto l’impostazione più costruttiva) si è deteriorato con la violazione al ribasso del minimo relativo di agosto e della media a 200 gg (posti entrambi in area 1905), anche se su un orizzonte di medio termine il livello 1850 è un’area di supporto significativa e resta da verificare la tenuta della media a 50 settimane sul grafico weekly posta in area 1888.

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