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Investire in obbligazioni: i dieci errori tipici dell’approccio tradizionale

Le strategie tradizionali dell'investimento in Fixed Income, basati sulla capitalizzazione di mercato, portano con se alcuni errori tipici. Una nota di Kevin Corrigan di Fundamental Fixed Income.

di Redazione Soldionline 19 nov 2015 ore 11:49

Investire in obbligazioni è una parte importante di una strategia finanziaria che vuole bilanciare rischio e rendimento. Ma attenzione, non è così semplice come molti pensano. Il mercato obbligazionario è infatti piuttosto complesso e necessita di approcci attenti e rigorosi.

Di seguito trovate una nota di di Kevin Corrigan, Head of Fundamental Fixed Income, Lombard Odier Investment Managers su come investire in obbligazioni. Secondo Corrigan, per ottenere buoni risultati dall'investimento in obbligazioni bisogna seguire gli stessi criteri che si seguirebbero in qualsiasi altra forma di prestito di denaro.

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Le strategie tradizionali, sostiene Corrigan, portano con se alcuni errori tipici.

La ricerca ossessiva del rendimento persiste. Per concentrarsi su qualità e rischio gestito, gli investitori dovrebbero applicare agli investimenti in obbligazioni lo stesso rigore che userebbero per decidere se dare in prestito i propri soldi, in qualsiasi ambito.

La maggior parte di chi investe in prodotti fixed income si attiene a strategie che seguono un approccio tradizionale, basato sulla capitalizzazione di mercato. Questo li porta a prestare più soldi agli emittenti con il debito più alto. Concentrandosi invece sui fattori fondamentali di emittenti governativi e societari, gli investitori in obbligazioni sono stimolati a pensare a se stessi come a chi presta denaro, e a dare priorità alla capacità di ripagare i debiti, invece che all’abilità nel prendere in prestito importi maggiori.

Fatta questa premessa, ecco dieci errori comuni dell’approccio tradizionale d'investimento nel fixed income.

1. LA BOLLA DEL DEBITO

La storia ci mostra che investire in indici di mercato porta verso i debitori e i settori che più fanno ricorso alla leva finanziaria, spesso con conseguenze disastrose. Alzi la mano chi ha pensato che settembre 2008, con il crollo di Lehman, fosse un buon momento per avere il 56% del proprio portafoglio obbligazionario societario impegnato in finanziari. Quando un settore diventa meno sano, emette più debito e gli indici di mercato possiedono una quantità maggiore di tale debito. Con il migliorare delle condizioni, gli investitori disinvestono. Questa non è una formula d’investimento vincente.

2. L'ANNO DELLA PECORA

Oggi più che mai il denaro è investito in meno posizioni, più concentrate. Gli indici di debito basati sulla capitalizzazione di mercato incoraggiano questa tendenza. Non lasciatevi intrappolare da questa logica.

3. COSA FAREBBE IL VOSTRO DIRETTORE DI BANCA

Il modulo per la richiesta di un mutuo ipotecario pone moltissime domande. Chi investe nel fixed income dovrebbe applicare lo stesso rigore a tutto il portafoglio. Affidandosi agli indici di capitalizzazione di mercato e prestando denaro a chiunque abbia preso di più in prestito, la maggior parte degli investitori non applica la logica di base che il loro direttore di banca segue per decidere se concedere un prestito.

4. LE DIMENSIONI NON CONTANO

Più grande non è necessariamente meglio, se parliamo di obbligazioni. I recenti episodi di avversione al rischio hanno mostrato che anche i prestatori più grandi sono sensibili all’illiquidità. In periodi di questo tipo, la diversificazione orientata alla qualità può servire da argine.

5. UNA DIETA BILANCIATA AIUTA A VIVERE PIU' A LUNGO

Gli investitori in obbligazioni si sono abbuffati di rendimenti per molti anni. Il forte picco di zuccheri dato da alti rendimenti, debito periferico e capitale bancario non può sostenere i rendimenti indefinitamente. Meglio concentrarsi su parametri più equilibrati per misurare il credito societario, piuttosto che guardare a chi emette più carta: meglio cinque porzioni di frutta e verdura al giorno che una scorpacciata eccessiva.

6. PENSARE AI MERCATI EMERGENTI SENZA CINA E INDIA E' COME LAVARSI SENZA ACQUA E SAPONE

Perché gli investitori tradizionali non investono in due delle più grandi economie dei mercati emergenti? Sia Cina che India sono tradizionalmente escluse dagli indici tradizionali, con la motivazione che sono di difficile accesso per gli investitori. Questo però non rende meno importanti le loro economie.

7. IL PREZZO E' GIUSTO

Il quantitative easing ha gonfiato i prezzi del debito per la maggior parte dei debitori, non sempre i migliori. Questo aumenta la perdita potenziale in caso di default e la capitalizzazione di mercato non discrimina. Meglio seguire un indice che tenga conto dei fondamentali di un debitore, e non solo del prezzo.

8. LA CAPITALIZZAZIONE E' CORRETTA?

Le capitalizzazioni degli emittenti ignorano i driver fondamentali che determinano l’abilità e volontà di un debitore di pagare. Un investitore può affidarsi alla gestione attiva in una asset class illiquida per risolvere il problema? Crediamo di no.

9. ACOLTARE LE SIRENE

Nella mitologia greca, l’eroe Ulisse riesce a salvarsi dal richiamo del canto delle sirene legandosi all’albero della sua nave. Forse non ci sarà corda a sufficienza perché tutti gli investitori possano fare lo stesso quando scoppierà la prossima bolla. Meglio dunque concentrarsi su una diversificazione basata sulla qualità, bassa concentrazione e fattori fondamentali.

10. BUON SENSO?

Dareste più denaro a banche e assicurazioni solo perché hanno bisogno di prendere più soldi in prestito? Finendo così con un portafoglio completamente disallineato dal mondo reale? O dareste piuttosto più denaro ad aziende, come i retailer, che magari non hanno bisogno dei vostri soldi ma è più probabile che vi ripaghino?
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