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Giocando a Monopoli nel villaggio globale

mercoledì, 27 maggio 2009

E’ difficile iniziare a recensire il libro “La morsa” di Loretta Napoleoni. Un libro semplice, diretto, ma ricchissimo di spunti. Innanzitutto un presupposto: che il mondo ormai è davvero globalizzato, per cui ciò che accade in un luogo può avere pesanti ricadute in qualunque altra parte del mondo. Banalità? Non proprio.

L’economista analizza le ragioni economico-politiche che hanno condotto alla situazione di crisi finanziaria attuale, in particolar modo la forzatura della “politica del terrore” imposta dall’amministrazione Bush, dietro la quale la classe politica mondiale ha perpetrato violazioni serie, non soltanto guerre feroci, ma anche l’erosione di miliardi di dollari dai conti correnti dei risparmiatori. In tutto il mondo.

Il libro non tralascia di sottolineare il ruolo dei media, abili manipolatori della macchina propagandistica occidentale, e l’incapacità dei politici di dare risposte efficaci e di lungo periodo.

“Mentre la war on terror viene venduta come la virtuosa esportazione dei principi della democrazia in chiave occidentale, i suoi effetti reali sono disastrosi. Accanto al numero impressionante di morti civili, nel mondo musulmano troviamo l’accresciuta instabilità di alcune zone del pianeta e l’aumento sostanziale dei deficit di bilancio dei paesi occidentali”. In fondo “cos’è più importante: esportare la democrazia “made in America” o salvare l’America stessa?”, si chiede l’autrice. La situazione politica globale, il dollaro debole,le speculazioni, la rischiosa commercializzazione del rischio, i paradisi fiscali, la febbre immobiliare, l’assenza di valori, la ricerca sfrenata della ricchezza sono alcune delle cause che portano, secondo la Napoleoni, ad un’economia “non regolata ed ormai fuori controllo”.  Passando dalla Carlyle ai narcotrafficanti, dalla ‘ndrangheta ai nuovi arricchiti dell’élite londinese, Loretta Napoleoni mette insieme i pezzi di un folle puzzle che riflette l’immagine di un mondo strangolato da una crisi sfaccettata.

In tutto ciò, ecco affiorare un mondo apparentemente lontano: Dubai, l’Indonesia, il mondo arabo. Le banche islamiche. Così diverse dal mondo finanziario speculativo, diventano un esempio a cui puntare. Se l’errore del modello economico attuale è che il motore della crescita economica è il consumo,e non più la produzione, se “in questi anni abbiamo passato il tempo a spendere denaro che non possedevamo, spinti verso l’illusione effimera di una ricchezza che non esiste, incitati a spendere e divertirci”, adesso è ora di fermarsi a pensare. Questo modello economico non funziona.

Cosa consiglia dunque il libro? Di riflettere su ciò che potrebbe invece funzionare. Di prendere in prestito alcuni dei valori su cui si fonda la finanza islamica. Non “l’immagine stereotipata di un’etica di facciata” ma un chiaro legame tra il denaro e l’economia reale, a cui aggiungere il ruolo di uno stato che protegga i cittadini e potenzi gli istituti di credito che poggiano su un codice etico solido e che hanno mantenuto un ruolo sociale.

Chiara Segrado

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