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Trimestrale etica, se non ora quando? 3 domande a...

lunedì, 1 marzo 2010

Il blog torna sulle trimestrali etiche, proposta provocatoria ma non troppo che vuole far riflettere sulla fattibilità e l’efficacia di una richiesta alle società quotate di pubblicare trimestrali che rispondano alle istanze della finanza etica e degli investitori socialmente responsabili (che in Italia, almeno a livello potenziale, non dovrebbero mancare).

Rapporti, cioè, che contengano non solo le cifre tradizionali che descrivono dal punto di vista economico-finanziario lo stato di salute di una società, ma anche indicatori socialmente responsabili o Esg che danno informazioni aggiuntive sulla qualità sociale e ambientale di un’impresa. E che spesso, direi anzi sempre, sono più rilevanti ancora degli indicatori economico-finanziari quando si sposta l’ottica dal breve al lungo periodo, cioè sulla durabilità e la sostenibilità nel tempo di un’intrapresa economica.

Se la trimestrale tradizionale viene fatta ogni tre mesi (come dice il nome stesso...), perché non fare anche una trimestrale Esg?

Ecco la proposta del blog, che vuole soprattutto stimolare la discussione sulle modalità, le vie, gli strumenti per rendere la finanza etica e i suoi concetti sempre più mainstreaming, come si dice. Cioè sempre più accettati dalla comunità finanziaria e integrati nel modus operandi del mondo finanziario.

Dopo l'intervento del professor Francesco Perrini, oggi a rispondere alle domande del blog su questo tema è Sabina Siniscalchi, senior advisor della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Gruppo Banca Etica), esperta di tematiche sociali e ambientali applicate all’economia e alla finanza e autrice di numerosi articoli e saggi su sviluppo sostenibile e dintorni. Tra le sue esperienze vanta anche una stagione come deputata nel Parlamento della Repubblica Italiana.

La Fondazione è uno dei pochi soggetti (pochissimi, per la verità…) che hanno iniziato ad attivare anche in Italia pratiche di azionariato attivo (di cui il blog si è occupato in più di un’occasione, ad esempio qui, qui e qui). Proprio da questo punto parte la nostra chiacchierata.

Blog: Chiedere ad una società quotata di pubblicare una trimestrale etica, che informi sugli indicatori Esg così come si informa solitamente sugli indicatori economico-finanziari classici, potrebbe essere una mozione da sostenere con forme di azionariato attivo, portandola quindi in assemblea? In che modo, a suo avviso, potrebbe essere accolta in quella sede?
Risposta: Posso immaginare che l’accoglienza sarebbe piuttosto fredda: una trimestrale etica sarebbe considerata dagli altri azionisti solo come un onere senza vantaggi tangibili, un adempimento che non fa crescere i dividendi. Questo perché la cultura della responsabilità sociale d’impresa è ancora patrimonio di pochi. La maggior parte degli shareholders, anche piccoli, non ne percepisce il valore. Ci sono segnali positivi verso un mutamento di tendenza: Etica sgr, la società di investimento creata da Banca Etica, ha visto una crescita costante del suo portafoglio (il blog ne ha appena dato un resoconto, vedere qui) a conferma dell’aumento dell’attenzione dei risparmiatori verso il profilo etico di imprese e stati, ma è ancora una realtà di nicchia. Tuttavia il suo successo ci conferma che siamo sulla buona strada: dobbiamo continuare a insistere sugli aspetti etici delle scelte economiche, diffondere consapevolezza sull’impatto sociale e ambientale dei comportamenti economici. Ogni iniziativa che va in questa direzione è utile, dunque anche la proposta di una trimestrale etica nelle assemblee degli azionisti.

Blog: Con la crisi si attendevano (per certi versi si esigevano!) delle nuove regole per i mercati finanziari, le banche, le società quotate sui listini di Borsa, le società di rating e gli analisti, insomma per tutti quei soggetti e attività che avevano contribuito a creare la crisi e a renderla così grave. Ora sembra proprio che “passata la festa, gabbato lo Santo”, cioè che di tutte quelle riforme epocali di cui si discuteva non più di un anno fa sia rimasto davvero poco, se non nulla. Crede che la richiesta alle società quotate di prevedere une rendicontazione trimestrale etica, e al mercato di accettarla, dandole dignità e peso, potrebbe servire per iniziare un cammino, se non verso nuove regole, almeno verso nuovi modi di operare più responsabili? Un modo per avviare una sorta di riforma dal basso invece che dall’alto?
Risposta: E’ vero, il dibattito politico che è seguito alla crisi della fine del 2008 aveva suscitato molte speranze, la sola idea avanzata da Ministri dell’Economia (incluso quello italiano) di una regolamentazione dei mercati finanziari e delle attività bancarie aveva una portata  rivoluzionaria, dopo 25 anni di liberismo in cui le regole sono state esecrate e smantellate.
La Cancelliera Merkel ha messo sul tavolo la proposta di una Global Economic Agenda, il Ministro Tremonti ha sostenuto il pacchetto dell’OCSE sui Global Legal Standard… Insomma sembrava che i decisori politici avessero finalmente capito che l’economia va governata per il bene comune, che il gioco del mercato (spesso d’azzardo) va regolato per impedire che provochi danni alla stabilità economica e alla vita dei cittadini.
Oggi  l’impulso iniziale sembra essersi attenuato, i grandi progetti di riforma messi nel cassetto, si sta tornando al business as usual, con il rischio di nuove crisi e di grandi danni.
Paradossalmente le banche escono più forti da un periodo drammatico che è imputabile alla loro avidità oltre che alla miopia dei Governi.
L’OCSE ha da poco pubblicato un Rapporto dal titolo “The Elephant in the room” in cui calcola che l’insieme degli aiuti dati dagli Stati alle banche nell’ultimo anno ammonta a 11.400 miliardi di dollari.
Una cifra gigantesca, che è mille volte più grande di quanto gli Stati hanno speso in ammortizzatori sociali e aiuti per soccorrere popolazioni e lavoratori che stanno pagando la crisi con la povertà, la perdita di occupazione, la sofferenza.

Blog: Ritiene che si potrà arrivare ad una norma che, così come chiede alle società quotate di pubblicare trimestrali per informare il mercato, chiede loro anche di pubblicare una trimestrale etica? Secondo lei la strada normativa sarebbe efficace nel portare più responsabilità nel sistema finanziario o rischierebbe di essere controproducente? In alcuni Paesi europei, ad esempio la Francia, il bilancio sociale viene già richiesto alle società quotate, ma di trimestrali etiche ancora non ho sentito parlare...
Risposta: Io credo fermamente che ci vogliano regole, e precisamente regole comuni e condivise, non lasciate alle scelte individuali di quell’impresa o di quel Governo.
Le forme autonome di responsabilità hanno certamente grande valore, ma credo che il benessere e il futuro dell’umanità non si possano affidare alle buone scelte e ai buoni comportamenti di pochi.
La responsabilità sociale d’impresa è un grande obiettivo che va perseguito con vari mezzi, i bilanci sociali, i codici di condotta, la sensibilità dei manager, la trimestrale etica  sono utili allo scopo, ma non sono sufficienti. E soprattutto non impediscono che altre imprese e altri manager abbiano comportamenti irresponsabili, come è successo con la crisi finanziaria.
Dunque, ci vogliono regole valide per tutti, nonché meccanismi che ne assicurino il rispetto da parte di tutti.
Con le regole si ristabilisce un regime di autentica libera concorrenza, mi spiego: la responsabilità sociale è quasi un  onere per un’impresa che, in virtù della sua serietà, perde guadagni lucrosi fatti sulla pelle dei lavoratori o in spregio all’ambiente naturale. La presenza delle stesse regole per tutti impedirebbe ai furbi, alle imprese che sfruttano i lavoratori e danneggiano l’ambiente di essere paradossalmente più favoriti nel mercato globale di quelle che si comportano in modo responsabile.

Grazie a Sabina Siniscalchi.



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