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Norvegia mon amour

giovedì, 4 marzo 2010

Non posso farne a meno. Torno a posare la piccola lente di questo blog sul Fondo pensione governativo norvegese, che fa sempre parlare di sé, almeno quelli che si interessano al mondo dell’investimento socialmente responsabile o finanza etica che dir si voglia.

Ci torno perché proprio in questi giorni sono state prese un paio di decisioni importanti, che meritano a mio avviso di essere messe in evidenza.

La prima. L’altro ieri, martedì 2 marzo, mi arriva il comunicato stampa che dice che sono state aggiornate le linee guida in base alle quali il fondo opera i suoi investimenti e dis-investimenti. Ciò segue la revisione delle guideline avvenuta nel corso del 2009, che aveva concluso che le linee guida finora hanno ben operato (d’accordissimo!).

Il fondo norvegese ha deciso ad esempio che d’ora in poi, prima di procedere ad esclusioni di titoli dall’universo investibile, come quelle che hanno recentemente riguardato 17 società del settore del tabacco, porrà sotto osservazione per un certo periodo le società che sono sospettate di violare alcune delle norme e dei principi etici che il fondo si è dato, stilando una watch-list di titoli da monitorare.

Il motivo è che si ritiene che sottoporre le società ad un periodo di osservazione potrebbe anche risultare più efficace della loro stessa esclusione: l’obiettivo finale, infatti, del fondo norvegese come di tutti gli investitori autenticamente socially responsible, non è bacchettare questo o quello o dividere il mondo fra buoni e cattivi (chi può farlo?). Ma è fare in modo che determinati comportamenti, azioni, strategie aziendali possano essere influenzati nel senso di incorporare una maggiore responsabilità sociale. Mi sembra puro buon senso, come direbbe il mitiKo Tex Willer: se si ritiene che una società stia agendo in un modo socially ir-responsible, credo sia giusto darle tempo e modo di dimostrare che ha intenzione di modificare la sua azione. E solo dopo decidere, se non l’ha fatto, che l’unica possibilità è l’esclusione.

Il fondo spingerà anche in futuro per una gestione più attiva da parte di Norges Bank, il gestore degli asset, sul versante dell’integrazione di considerazioni sociali, ambientali e di governance nell’attività d’investimento. Ma anche in relazione all’impegno per lo sviluppo di standard internazionali per l’investimento responsabile, come ad esempio i principi di UnPri alla cui definizione Norges Bank ha appunto contribuito (e di cui è ovviamente firmataria).

La seconda news arrivata dalla fredda Norvegia proprio in questi giorni. Il fondo ha deciso di iniziare a investire, proprio da marzo, nel settore immobiliare. Fino al 5% degli asset del fondo, che ammontano a oltre 300 miliardi di euro, quindi non proprio bruscolini: si parla di circa 130 miliardi di corone norvegesi, vale a dire oltre 16 miliardi di euro, che ovviamente richiederanno qualche anno per essere impiegati sul mercato.

Mi sembra importante sottolineare anche questa decisione perché senz’altro il fondo, come del resto ha dichiarato, effettuerà questi investimenti in linea con il suo profilo d’investimento, quindi in modo socialmente responsabile. È ragionevole prevedere, quindi, che la “contaminazione etica” inizierà a colpire anche il real estate. E non mi pare poco, specie se si pensa che il grande caos che ha portato mezzo pianeta alla crisi finanziaria prima, ed economica ed occupazionale poi, la super-mega-bolla che è scoppiata in modo così dirompente, viene proprio da lì.



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