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Bonus ai manager "alla svizzera"

sabato, 14 novembre 2009

Sulla questione della regolamentazione dei bonus ai manager delle banche è la Svizzera, udite udite, a dare il buon esempio. La Finma, la Consob elvetica, ha infatti emanato proprio in questi giorni la circolare che ricorda come dal 1° gennaio del 2010 i bonus, le parti variabili delle remunerazioni, dovranno soddisfare regole più restrittive.

In Italia, invece, il governatore di Bankitalia da tempo si sgola, l’ha fatto anche negli ultimi giorni, per richiamare le banche sulla questione, con le banche che continuano a fare orecchie da mercante. E ha anche detto che ormai, col peggio della crisi, almeno quella finanziaria – quella reale morde eccome, purtroppo – che è alle nostre spalle, fanno la voce sempre più grossa coloro che non vogliono regole nuove e più stringenti, né sui bonus né su altro. Che vogliono lasciare la finanza così com’era prima della crisi: quel bel sistema che ci ha portato dove sappiamo e se continua così, la prossima volta, ci porterà anche oltre e allora non ci sarà intervento pubblico capace di arginare la crisi e riportare l’equilibrio. Una riedizione moderna e finanziaria del vecchio adagio “passata la festa, gabbato lo santo”, insomma. Ogni commento è superfluo...

Torniamo agli svizzeri. Quello di Finma non è un vero e proprio tetto a bonus e stipendi, come si poteva magari sperare visto che la questione dei mega-compensi legati ai risultati di breve periodo è finita giustamente nell’occhio del ciclone con la crisi. Vengono però almeno posti dei paletti alle prassi seguite nel settore finanziario, in un certo senso perverse, che hanno alimentato la corsa cieca ai profitti immediati da parte di manager ingordi, che oltre a stipendi milionari smaniavano per intascare bonus altrettanto milionari e quindi facevano di tutto, come s’è visto, prendendosi rischi elevatissimi ben al di là delle regole di sana e prudente e gestione, per spingere in su i tassi di crescita degli utili, il valore dei titoli, per far scattare il meccanismo dei bonus.

Le regole poste da Finma varranno per le banche e assicurazioni maggiori, una dozzina di istituti in tutto. Sarebbe stato meglio farle valere per tutti ma almeno è un passo. In sostanza le nuove regole prevedono che:

-i bonus versati ai manager dovranno essere collegati ai risultati economici duraturi delle banche, cioè non di breve e tanto meno di brevissimo periodo. Si vuole disincentivare l’assunzione di grossi rischi finalizzati al conseguimento di profitti di breve, intervenendo appunto sul collegamento tra profitti di breve e bonus;

-sempre per spostare l’ottica sul lungo periodo, la Finma chiede che queste parti variabili delle remunerazioni vengano corrisposte non immediatamente ma in un tempo differito, così che aumenti la consapevolezza dei manager e delle banche nei confronti dell’assunzione del rischio;

-si chiede poi che vi sia maggiore e trasparente comunicazione sulle politiche retributive, che attraverso apposite relazioni, cioè, venga detto esplicitamente come le retribuzioni complessive vengono calcolate. Quello che in inglese si dice: “say on pay”.

E qui casca l’asino! Nel senso che il say on pay è da anni un cavallo di battaglia degli azionisti attivi che fanno finanza etica militante, se vogliamo usare questo termine, che vanno nelle assemblee degli azionisti a fare precise domande su temi sociali e ambientali, say on pay compreso, di cui su questo blog abbiamo parlato in più occasioni (qui e qui, ad esempio). Negli Usa, sulla spinta dello stesso presidente Obama, si è deciso che le società quotate ogni anno sottopongano al voto degli azionisti, seppure non vincolante, il compenso degli executive. Ed è ciò che accadrà all’assemblea annuale degli azionisti di Microsoft il prossimo 19 novembre.

Allora ci fa piacere ricordare come Etica sgr, di cui anche abbiamo già parlato, in questi giorni è volata oltreoceano per votare all’assemblea di Cisco Systems, una delle società che fanno camminare internet, e si è espressa su una serie di argomenti fra cui spiccava il say on pay (la mozione era della società di gestione statunitense Boston Common Asset Management, molto attiva nel campo della finanza socialmente responsabile e in modo particolare dell’azionariato attivo, che risulta fra l’altro tra i firmatari dei principi Onu per l’investimento socialmente responsabile “UnPri”).

Come ha votato Etica sgr? E’ presto detto (il comunicato stampa è disponibile sul suo sito e c’è pure la scheda-voto su tutte le risoluzione poste in votazione, quando si dice la trasparenza...): “In mancanza di una  precisa volontà da parte dell'azienda – si legge nel comunicato - di spostare le politiche di incentivazione del top management verso obiettivi di medio-lungo periodo e considerando negativo l'aumento del divario tra remunerazioni dei vertici e salari dei dipendenti medi dell'azienda, Etica sgr ha votato contro le modifiche proposte al piano di incentivazione azionaria per i manager”.

Questo è azionariato attivo. Questo è fare finanza etica attiva. Ed è così che, con percorsi magari non lineari e senz’altro non brevi, ma efficaci, si può arrivare a stimolare decisioni come quelle prese da Finma. Insomma, cambiare le cose è difficile e lungo, richiede impegno costante e di non abbattersi con le sconfitte. Ma per fortuna si può.



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