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Allarme biodiversità!...e finanza

lunedì, 14 settembre 2009

Che c’azzecca la biodiversità con la finanza? “Lasciamo che se ne occupino gli ambientalisti!”, direbbero i più. E invece no, perché tutto si tiene.

Lo dimostra il fatto che a lanciare l’allarme sulla biodiversità, che continua purtroppo a diminuire su questo piccolo pianeta, è stato Eurosif, il forum dei forum europei che promuovono la finanza etica o responsabile o SRI, un ente di cui abbiamo già parlato in precedenti post e che rappresenta uno dei soggetti più attivi in questo settore, almeno nella vecchia Europa.

In un suo recente rapporto, di cui dà notizia anche il servizio news di ECPI, Eurosif ha infatti lanciato un allarme sulla diminuzione della biodiversità. Spiegando, anche a chi continua a fare orecchie da mercante, che fra i motivi per cui si dovrebbe salvaguardarla c’è anche quello economico. Perché la biodiversità è un fattore economico, per giunta di quelli potenti. E gli investitori dovrebbero dunque iniziare a tenerne conto con molta, molta attenzione.

Basta dare qualche piccola cifra che emerge dal rapporto per rendersi facilmente conto che l'allarme di Eurosif poggia, ahinoi, su basi più che solide.

Innanzitutto, il numero delle specie esistenti al mondo è diminuito del 30% tra il 1975 e il 2005 (stime del Wwf). Avete letto bene, del 30%. In trent’anni. Un bel record per l’umanità, vero?

E poi: la riduzione della biodiversità, e quindi della capacità degli eco-sistemi di auto-regolarsi e di perpetuarsi, di far funzionare, insomma, il pianeta, ha un altissimo impatto economico. Solamente l’impollinazione delle piante da parte delle api (piante, api, natura, ambiente, ciò che di meno economico si ritiene di solito esista al mondo, secondo il pensiero dominante che divide l’economia e la finanza, mettendole sul piedistallo, da tutto il resto) si stima abbia un impatto a livello mondiale, ogni anno, tra i 29 e i 74 miliardi di euro.

Il report si diletta poi a valutare le conseguenze dell’alterazione continua della biodiversità su aziende e industrie operanti in settori quali agricoltura, foreste, turismo, immobiliare ecc. ecc..

ll succo è: se non per altri motivi, almeno per motivi economici, almeno per quelli, bisognerebbe urgentemente invertire la rotta nel rapporto fra attività umane e ambiente. Basta con lo sfruttamento e la distruzione! Iniziare a salvaguardarlo, si deve, a curarlo, a preoccuparsene e molto. Perché se va in malore l’ambiente, fare profitti in doppia cifra ogni trimestre non fregherà più nulla a nessuno e forse non sarà neanche più possibile. Com’è giusto che sia.

Se non fosse stato chiaro, ecco che c’azzecca la finanza con la biodiversità.

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