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E' l'America di Bush

I democratici pensavano che più persone avessero votato, più voti John Kerry avrebbe ricevuto: non è stato così. Per ogni nuovo elettore che il partito democratico ha convinto a votare - nei centri urbani, tra le minoranza indiane, tra gli studenti delle università - le chiese di varia fede ne hanno trovato un altro, e forse più di uno.

di La redazione di Soldionline 22 mar 2005 ore 12:15
di Francesco Giavazzi

L'importanza del voto religioso

La fede e la religione hanno pesato più dell'Iraq in queste elezioni. Ed è stato un grave errore dei democratici farsi incastrare, in molti Stati, in referendum sul matrimonio tra coppie omosessuali. Le chiese hanno potuto usare questi referendum per convincere i loro fedeli ad andare a votare. E già che si recavano ai seggi, a votare per George W. Bush.

Kerry ha capito troppo tardi l'importanza del voto religioso. E il suo ultimo discorso in Florida, tutto dedicato alla sua fede, tradiva scarsa sincerità. O meglio, ha mostrato un candidato che, contrariamente al suo avversario, fa fatica a dire bugie. Sarà anche stato un chierichetto da bambino, ma il mondo della chiesa gli è evidentemente estraneo - fortunatamente, dirà qualcuno che conosce poco l'America.

Non lo ha aiutato neppure la sua chiesa, nonostante fosse il primo candidato cattolico dai tempi di JFK. Quando ha dovuto dire che i vescovi sbagliano nella loro opposizione all'aborto, è stato ancora una volta sincero, ma ha perduto anche una parte del voto cattolico. Sul matrimonio tra omosessuali ha detto ciò che qualunque 'liberal' avrebbe detto: le persone sono libere. Anche qui è stato sincero, ma ha perso una montagna di voti.

Uno dei momenti decisivi della campagna elettorale è stato quando, nel secondo dibattito, Bush ha detto chiaramente che ogni cittadino americano che non sia stato condannato da un tribunale ha diritto a tenere in casa un fucile carico. Chi non ha capito che quella risposta gli ha fatto guadagnare milioni di voti non conosce l'America, oppure pensa che l'America sia Boston e New York.

L'Iraq ha fatto perdere a Bush molti voti: è un errore pensare che il risultato delle elezioni sia una vittoria dei fautori della guerra. Bush ha vinto nonostante la grande opposizione alla sua guerra.

Ma l'abilità dei repubblicani è l'aver saputo mobilitare fede e valori tradizionali là dove la guerra faceva perdere voti.

L'agenda interna

Forse più importante dello stesso risultato presidenziale è lo spostamento a destra del Congresso. La sconfitta di Tom Daschle, senatore del South Dakota e capogruppo dei democratici al Senato, consegna quell'assemblea ai repubblicani.

Persone che conoscono bene George W. Bush dicono che il suo progetto nei prossimi due anni, e cioè da domani alle elezioni di mid-term del 2006, è trasformare l'America, non l'Iraq (dove cercherà un disimpegno costoso ma onorevole), con la promozione dei valori cristiani e conservatori nelle scuole, negli ospedali, trasferendo alle organizzazione religiose finanziate dallo Stato molti compiti di assistenza sociale.

Sbaglia chi pensa che l'obiettivo di Bush sia chiudere i conti con il mondo islamico e riaffermare il primato americano nel mondo. Sbaglia perché continua a guardare all'America con gli occhiali distorti di chi pensa che il resto del mondo conti davvero, anche fuori da Boston e da New York.

L'America rimane un paese chiuso, nel quale il resto del mondo conta solo nella misura in cui influisce sulla sua vita interna, come l'11 settembre. E Bush molto meglio di Kerry rappresenta quell'America.

Quindi un'agenda politica tutta interna, con la differenza che questa volta i repubblicani controllano anche il Senato.






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