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Quel diabolico "comparaggio finanziario" e la benevolenza della Consob

Le gestioni patrimoniali in fondi (gpf) sono servizi d’investimento piuttosto diffusi nel paese. I fondi di fondi (fdf) sono meno diffusi ma si stanno diffondendo. Ragioni valide per verificare se le regolamentazioni che riguardano questi servizi e prodotti finanziari siano adeguati al compito di presidiare il tema del conflitto d’interessi

di La redazione di Soldionline 20 mar 2007 ore 10:39
Il caso della regolamentazione nazionale delle gpf e dei fdf consente di illustrare in maniera emblematica cosa intendo quando sostengo che le Authority finanziarie in Italia esercitano il loro potere di regolamentazione e di contrasto dei conflitti d'interesse molto al di sotto di quanto sarebbe possibile e necessario, con una forma di 'benigna indifferenza' verso chi i conflitti di interessa li esercita e di fatalismo verso chi li subisce.

In linea teorica, le gpf plurimarca sono uno strumento molto versatile e potente, in quanto consentono al gestore della gpf di selezionare (tra) i migliori gestori di fondi comuni per ogni mercato di specializzazione.

Nei limiti del possibile, questa possibilità di scelta andrebbe sfruttata pienamente ed al meglio dal gestore della gpf, giacché sulla gpf grava un doppio regime commissionale: quello della gpf, per il servizio di selezione, e quello dei fondi sottostanti che sono stati selezionati.

Tuttavia, l'Italia si caratterizza per una prassi legalizzata che determina distorsioni nel processo di selezione dei fondi: il fenomeno delle retrocessioni (da parte dei fondi selezionati) alle società che gestiscono le gpf (o i fondi di fondi) di parte delle loro commissioni di gestione. In altri termini in Italia è prassi che, se un fondo viene selezionato da una gpf o da un altro fondo (di fondi), riconosca un grazioso compenso al suo grazioso selezionatore, sotto forma di retrocessione di parte della sua commissione di gestione. In sostanza, il fondo selezionato tratta il suo selezionatore non come un vero selezionatore, bensì come un 'distributore' e, specularmente, il soggetto selezionatore normalmente esige che questo ruolo indiretto di 'distributore' gli venga riconosciuto economicamente.

Analoghi fenomeni degenerativi sono presenti anche in altri campi dell'attività economica ma, in quegli ambiti, normalmente sono considerati illegali. In campo medico, ad esempio, un fenomeno simile si definisce 'comparaggio', e si verifica quando un medico curante riceve compensi dalle società farmaceutiche per aver prescritto loro farmaci ad i suoi pazienti.

La pratica del comparaggio non necessariamente comporta un cambiamento nello scopo delle terapie: esse possono comunque soddisfare le esigenze del paziente, ma spostano gli interessi economici dei sistemi sanitari nazionali verso l'arricchimento dell'industria e dell'operatore medico.

Il meccanismo della retrocessione delle commissioni di gestione, una forma di 'comparaggio finanziario', può rappresentarsi con il seguente schema:







Nel gennaio 2002 due studiosi, N. Linciano ed E. Marrocco, pubblicarono per i Quaderni di Finanza della Consob uno studio intitolato 'Fondi di fondi ed accordi di retrocessione' nel quale si analizzavano le conseguenze di questa prassi.

Scrivevano i due studiosi:

    'La presenza e la struttura di accordi di retrocessione conducono ad una divaricazione degli interessi del gestore di fondi di fondi e degli interessi degli investitori aderenti, che può generare distorsioni rilevanti sia sul piano dell'efficienza delle decisioni di investimento, sia dell'onerosità e della trasparenza dei costi di prodotto'

Notarsi l'accenno al tema della trasparenza, che dovrebbe essere parte della missione istituzionale della Consob.

Questa situazione determina un conflitto d'interessi rispetto ai clienti gestiti per due ragioni principali:

1. i gestori dei fondi di fondi sono tentati di investire nei fondi che presentano le retrocessioni più elevate, non necessariamente nei migliori;

2. i gestori sono incentivati a compiere una selezione contraria al principio del contenimento degli oneri a carico del fondo di fondi. Infatti, alcuni accordi di retrocessione subordinano la retrocessione alla sottoscrizione dei fondi gravati dalle commissioni più elevate. In altri termini, di tutta una famiglia di fondi, talvolta solo per quelli con i costi più elevati viene prevista la retrocessione di commissioni a favore della Sgr del fondo dei fondi, che, per questo meccanismo, è indotto a scegliere i fondi più costosi quando alternative più economiche sarebbero disponibili.

Nel 2002 il 100% delle Sgr che gestivano fondi di fondi plurimarca si faceva retrocedere parte delle commissioni di gestione dai fondi selezionati. Il fenomeno, dunque era generalizzato. Se si guarda alla complessiva modestia delle performance dei fondi di fondi italiani, si dovrebbe concludere che il conflitto di interesse abbia dispiegato pienamente i suoi effetti perversi.

La conclusione di quest'analisi dei Quaderni Consob era che la retrocessione delle commissioni di gestione dai fondi alle società di investimento rappresenta un costo per i sottoscrittori, anche se non è evidenziato o percepito.

Queste conclusioni non erano sorprendenti in quanto confermavano il buon senso comune. Il fatto che tale studio sia stato pubblicato in una collana della Consob dimostra come l'Authority avesse piena consapevolezza della questione.

Nonostante tale consapevolezza e sebbene in Paesi finanziariamente più evoluti come gli USA, la Gran Bretagna e la Francia la retrocessione delle commissioni sia vietata da tempo e questo divieto rappresenti una conferma indiretta delle ragioni per cui dovrebbe essere vietata anche in Italia, dal 2002 (data di pubblicazioni dello studio) ad oggi la regolamentazione nazionale in materia è rimasta invariata.

Probabilmente non lo sarà per sempre ma, come troppo spesso accade, il cambiamento avverrà solo sotto lo sprone 'esogeno' delle direttive comunitarie, non sotto un''endogena' iniziativa delle Authority.

Gli interventi che, volontà politica permettendo, sarebbero stati possibili erano due:

- un radicale, il divieto sic et simpliciter delle retrocessioni delle commissioni di gestione
- (almeno, second best) l'obbligo di dichiararle nei prospetti e nei fogli informativi

Se, per ipotesi, una gpf (od un fondo dei fondi):

- investisse in fondi che strutturalmente sottoperformano i relativi benchmark e che presentano costi di gestione superiori alla media di categoria
- ricevesse da essi una retrocessione
- in sostanza, operasse in palese conflitto d'interesse con i suoi sottoscrittori

i suoi sottoscrittori dovrebbero essere almeno in grado di riconoscere a colpo d'occhio questa condizione di conflitto d'interesse, attraverso la disponibilità delle relative informazioni.

In termini di sintesi politica, se la Consob non dimostra la sensibilità o la forza sufficienti per modificare d'imperio il confine convenzionale che separa ciò che lecito da ciò che dovrebbe essere considerato illecito (il 'comparaggio finanziario'), è ciò anche se il confine odierno in Italia è in conflitto con la migliore prassi internazionale e lo stesso senso comune, dovrebbe almeno mettere i risparmiatori nella condizione di valutare in profondità la buona fede dei fornitori di servizi, e non basandosi solo sulle performance delle gpf, che si possono prestare a mille scusanti la cui veridicità non è facilmente sindacabile dal risparmiatore medio.

Questa seconda soluzione sarebbe meno efficace ed avrebbe effetti più dilazionati nel tempo ma, attraverso la vox populi (che si alimenta solo con la trasparenza finanziaria), consentirebbe comunque di far perdere quote di mercato ai soggetti coinvolti in questo fenomeno.

Ovviamente l'introduzione del divieto di 'comparaggio finanziario' farebbe mancare una fonte di reddito ai gestori delle gpf e dei fondi di fondi. Questo rappresenterebbe un utile stimolo per perseguire una maggiore efficienza e dimensioni più consone ad una moderna industria dell'intermediazione finanziaria.

In conclusione, a più di cinque anni dalla pubblicazione di quell'importante ricerca, la regolamentazione non si è ancora modificata, la distinzione convenzionale tra ciò che è lecito e ciò che dovrebbe considerarsi illecito anche in Italia è rimasta immutata, ma non in maniera neutrale, bensì a danno dei risparmiatori.

Per questa ragione il dott. Lamberto Cardia non potrà lagnarsi se gli si dedica una benigna canzonatura:





Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf




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