NAVIGA IL SITO

La vendetta della Troika (secondo Yanis Varoufakis)

In un articolo apparso su Project Syndicate, l'ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis spiega la proposta del governo greco sul piano di privatizzazioni. Non ascoltata

di Marco Delugan 24 lug 2015 ore 13:44

Il 12 luglio di quest'anno il governo greco ha raggiunto un accordo di massima per la realizzazione del terzo piano di salvataggio (in meno di 5 anni) che consiste nella concessione di nuovi prestiti contro la realizzazione di un piano di riforme e privatizzazioni. Il piano è stato accolto da un misto di sollievo, sorpresa e preoccupazione. Sollievo per lo scampato pericolo di un possibile inizio di disgregazione dell'area euro, sorpresa per l'accettazione da parte della Grecia di un piano peggiore di quello da poco bocciato dal referendum, e preoccupazione per le reali possibilità della Grecia di far fronte alle richieste dei creditori senza avvitarsi in una crisi senza fine.

LEGGI ANCHE: Per la Grecia c'era (almeno) un'altra possibilità

yanis-varoufakisL'accordo – le cui specifiche devo ancora essere definite e approvate – è arrivato dopo mesi di trattative di cui uno dei protagonisti è stato il ministro (ormai ex) delle finanze greco Yanis Varoufakis (a fianco nella foto LaPresse), figura controversa che ha destato emozioni e giudizi molto diversi tra loro. Anche se, in realtà, delle proposte greche si è sempre saputo poco, bollate come poco credibili dai creditori e da gran parte della stampa.

In un articolo apparso sul sito Project Syndicate, dal titolo "Europe’s Vindictive Privatization Plan for Greece", Varoufakis ha spiegato la posizione del governo greco su un punto importante dell'accordo: il piano di privatizzazioni da 50 miliardi di euro che dovrebbe contribuire a ripagare il nuovo debito contratto con il piano di salvataggio in via di definizione.

Di seguito la traduzione dell'articolo.

Il 12 luglio, il vertice dei leader della zona euro ha dettato le sue condizioni al primo ministro greco Alexis Tsipras che, terrorizzato dalle alternative, ha accettato tutto. Uno dei termini dell'accordo riguardava cosa fare dei beni pubblici della Grecia.

I leader della zona euro hanno chiesto che venissero trasferiti ad un fondo simile a Treuhand, una sorta di agenzia di vendita utilizzata dopo la caduta del muro di Berlino per privatizzare rapidamente - con grandi perdite finanziarie, e con effetti devastanti sull'occupazione - tutti i beni di proprietà pubblica della scomparsa Germania orientale.

Questa Treuhand greca avrebbe avuto sede in Lussemburgo e sarebbe stata supervisionata dal ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, l'autore del programma stesso; le vendite sarebbero state completate entro tre anni.

Ma, mentre i lavori della Treuhand originale sono stati accompagnati da massicci investimenti della Germania Ovest in infrastrutture e spese sociali per la popolazione della Germania orientale, il popolo greco non avrebbero ricevuto nulla del genere.

E' riuscito a domiciliare il fondo ad Atene, e ha ottenuto dai creditori della Grecia (la cosiddetta Troika composta dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale) l'importante concessione che le vendite possano estendersi a 30 anni, piuttosto che ai tre precedentemente previsti.

Questo è un punto di grande importanza, perché permetterà alla Grecia di non vendere attività ora sottovalutate ma possa aspettare che il loro prezzo recuperi dai minimi attuali dovuti dalla recessione.

Ma purtroppo la Treuhand greca rimane un abominio, e dovrebbe essere uno stigma sulla coscienza dell'Europa. Peggio ancora, si tratta di un'occasione sprecata.

Il piano è politicamente tossico perché il fondo, anche se domiciliato in Grecia, sarà effettivamente gestito dalla Troika. E' anche finanziariamente nocivo, perché il ricavato finirà nel servizio di un debito che ora anche l'FMI ha definito impagabile.

E sarà anche un fallimento economico, perché spreca una ghiotta occasione per creare investimenti “locali” e di contribuire così a contrastare l'impatto recessivo del consolidamento fiscale punitivo parte anch'esso dei termini del vertice del 12 luglio.

Non doveva andare così. Il 19 giugno, ho comunicato al governo tedesco e alla Troika una proposta alternativa, come parte di un documento dal titolo "Porre fine alla crisi greca", dove si legge:

"Il governo greco si propone di raggruppare i beni pubblici (esclusi quelli pertinenti alla sicurezza del paese, servizi pubblici e beni culturali) in una holding la cui amministrazione sarebbe separata da quella del governo, gestita come fosse un soggetto privato, sotto l'egida del Parlamento greco, con l'obiettivo di massimizzare il valore delle proprie attività e di generare un flusso di investimenti. Lo Stato greco sarà l'unico azionista, ma non garantisce le sue passività o di debito.”

La holding avrebbe giocato un ruolo attivo preparando gli asset per la vendita. Avrebbe potuto "emettere un prestito obbligazionario completamente collateralizzato sui mercati dei capitali internazionali" per raccogliere 30-40 miliardi di euro, che, "tenendo conto del valore attuale degli asset," avrebbe potuto ",essere investito per l'ammodernamento e la ristrutturazione degli stessi asset gestiti.”

Il piano prevedeva un programma di investimenti di 3-4 anni, con una "spesa supplementare del 5% del PIL all'anno," che, nelle attuali condizioni macroeconomiche che comportano "un moltiplicatore di crescita positiva superiore a 1,5", "dovrebbe stimolare la crescita nominale del PIL ad un livello superiore al 5% per diversi anni ". Questo, a sua volta, avrebbe indotto "proporzionali aumenti di entrate fiscali", e in tal modo "contribuire alla sostenibilità di bilancio, consentendo al governo greco di esercitare la disciplina di spesa senza ridurre ulteriormente la spesa sociale."

In questo scenario, l'avanzo primario (che esclude i pagamenti di interessi) avrebbe raggiunto livelli mai visti sia in termini assoluti che in termini percentuali. La holding avrebbe poi "ottenuto una licenza bancaria" entro un anno o due ", trasformandosi così in una vera e propria Banca di sviluppo in grado di attrarre investimenti privati per la Grecia e di collaborare con la Banca europea per gli investimenti."

La Banca per lo sviluppo che abbiamo proposto avrebbe potuto "consentire al governo di scegliere quali risorse privatizzare a quali non, garantendo nel contempo un maggiore impatto sulla riduzione del debito dalle privatizzazioni selezionate." Dopo tutto, "i valori patrimoniali dovrebbero aumentare di più rispetto all'importo speso per l'ammodernamento e la ristrutturazione, aiutato da un programma di partnership pubblico-privato il cui valore è aumentato in base alla probabilità di futura privatizzazione ".

La nostra proposta è stata accolta con un silenzio assordante. Più precisamente, l'Eurogruppo dei ministri delle finanze della zona euro e la Troika hanno continuato a dire ai media che le autorità greche non avevano proposte credibili da offrire, il loro ritornello standard. Pochi giorni dopo, una volta che i poteri costituiti hanno capito che il governo greco era sul punto di capitolare del tutto di fronte alle richieste della Troika, ha ritenuto opportuno imporre la Grecia un modello Treuhand avvilente, privo di fantasia, e pericoloso.

Ad un punto di svolta nella storia europea, la nostra alternativa innovativa è stata gettato nella pattumiera. Rimane lì, e altri potranno recuperarla.

Tutte le ultime su: grecia
Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.