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Tassi di interesse sotto lo zero

L’obiettivo di chi applica tassi negativi è piuttosto semplice: scoraggiare le banche commerciali dall’accantonare grandi volumi di liquidità. Alcuni critici lo ritengono un ultimo disperato tentativo di rimettere in moto economie deboli, dopo il fallimento di una lunga serie di altre misure di incentivazione

di Redazione Soldionline 19 lug 2016 ore 10:07

A cura di David Hoag e Fergus MacDonald, Gestori di portafoglio, di Capital Group

Il ricorso a tassi d’interesse negativi si sta diffondendo in tutto il mondo. Nel tentativo di rilanciare la crescita economica le banche centrali stanno spingendo al limite le loro politiche monetarie, tagliando aggressivamente i tassi fin sotto lo zero e suscitando dubbi riguardo alle conseguenze, potenzialmente pericolose, di questa scelta.  A gennaio, la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di adottare la politica dei tassi negativi, cogliendo di sorpresa i mercati con un taglio del tasso sui depositi eccedenti la riserva obbligatoria che è sceso al -0,10%. Così facendo, la BOJ si è unita alla schiera degli istituti centrali che si stanno avventurando in territorio negativo, tra cui figurano la BCE (-0,40%) e le banche centrali di Danimarca (-0,65%), Svizzera (-0,75%) e Svezia (-1,25%).

tassi_8Con il diffondersi di questo strumento di politica monetaria non convenzionale, il volume di titoli di Stato che generano rendimenti negativi è salito vertiginosamente superando quota USD 7.600 miliardi, vale a dire circa 25% di tutto il debito sovrano in circolazione. Nell’estate del 2014, questo volume era pressoché pari a zero. Il Giappone offre il contributo di gran lunga maggiore, con circa USD 5.000 miliardi in titoli di Stato con rendimenti negativi. La restante quota è composta prevalentemente da paesi europei, tra cui Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi.

L’obiettivo di chi applica tassi negativi è piuttosto semplice: scoraggiare le banche commerciali dall’accantonare grandi volumi di liquidità. Imponendo quella che di fatto si configura come una tassa sui depositi, le banche centrali stanno sollecitando le banche commerciali ad aumentare il credito e le attività di investimento. Questo approccio, in teoria, dovrebbe stimolare l’inflazione e la crescita economica poiché il denaro così liberato viene infine speso da imprese e consumatori. In realtà, però, le cose non funzionano necessariamente così. Alcuni critici lo ritengono un ultimo disperato tentativo di rimettere in moto economie deboli, dopo il fallimento di una lunga serie di altre misure di incentivazione.

Un effetto immediato dei tassi negativi è visibile nel settore bancario europeo, dove le quotazioni azionarie sono scese sensibilmente da quando la BCE si è avventurata per la prima volta in territorio negativo nel 2014. Proprio mentre gli istituti bancari sono gravati da numerosi altri problemi, a partire da nuovi e più stringenti requisiti patrimoniali fino all’aumento dei crediti in sofferenza, i tassi negativi rappresentano una minaccia per la redditività bancaria poiché mettono seriamente sotto pressione i margini d’interesse netti. A dire il vero, gli utili delle banche sono penalizzati ormai da anni a causa di tassi d’interesse ultra bassi. Tuttavia, il costo derivante dai tassi negativi, che la maggior parte delle banche è riluttante a ricaricare sui propri clienti, sta portando quella pressione a nuovi estremi.

Per ironia della sorte, la politica dei tassi negativi potrebbe mettere a repentaglio il suo stesso obiettivo, creando una situazione in cui le banche non sono in grado di ampliare il credito a causa di timori per la propria stabilità finanziaria. Le politiche dei tassi d’interesse negativi sono un’estensione dei programmi di allentamento monetario delle banche centrali. La banca centrale americana ha innalzato i tassi nel dicembre 2015, per la prima volta in quasi un decennio. Resta oggi una delle poche, tra le banche centrali più importanti, a segnalare l’intenzione di aumentare i tassi nel corso di quest’anno, dato il miglioramento delle prospettive per l’economia statunitense. Tuttavia, è importante osservare che i tassi negativi stanno avendo un impatto anche negli Stati Uniti, dove di per sé non sono stati adottati. Le politiche dei tassi negativi introdotte in Europa e Giappone stanno infatti mettendo sotto forte pressione i rendimenti obbligazionari globali, compresi quelli sui Treasury statunitensi. Con i decennali tedeschi e giapponesi che danno rendimenti prossimi allo zero, e le obbligazioni a scadenza più breve saldamente in territorio negativo, i Treasury statunitensi con il loro 1,83% di rendimento appaiono in confronto allettanti. L’aumento della domanda di titoli di Stato USA sta contribuendo a tenere i tassi d’interesse americani su livelli ridotti, nonostante il desiderio della Fed di arrivare a normalizzarli su tutta la curva dei rendimenti.

Rispetto ad Europa, Giappone e alcuni mercati emergenti, l’economia USA continua ad essere relativamente in buono stato, e questo rende meno probabile che la Fed possa adottare tassi negativi. Ciononostante, la questione è stata toccata lo scorso febbraio durante l’audizione del presidente della Fed, Janet Yellen, davanti alla Commissione bancaria del Senato. Spiegando che la Fed non ha preso attivamente in considerazione l’idea di adottare tassi negativi, la Yellen ha dovuto fare un’ammissione: “Non escludiamo a priori questa eventualità, ma dobbiamo studiare la situazione per capire se questa strategia potrebbe funzionare nel nostro paese”.

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