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Il Quantitative Easing (BCE) non finirà tanto presto

Mario Draghi non cambierà politica, almeno fino a quando l'inflazione non comincerà a crescere credibilmente verso il 2%. Lo ha dichiarato Peter Praet, capo economista della BCE.

di Marco Delugan 6 gen 2016 ore 14:56

La Banca Centrale Europea non ha alcuna intenzione di porre fine alla politica dei tassi interesse negativi e di espansione monetaria almeno nel medio termine. Lo ha dichiarato nel corso di una intervista rilasciata alla rivista belga Knack Peter Praet, capo economista della BCE e membro del consiglio direttivo della banca. Lo ha riportato oggi Reuters.

La Banca Centrale Europea continuerà su questa strada fino a quando lo riterrà necessario. Cosa dovrà accadere perché cambi? Semplice. L'inflazione dovrà crescere in maniera stabile e credibile verso il 2%.

Come ricordato da Bisunessinsider, l'idea di fondo della BCE è che portare i tassi sotto zero possa spingere i cittadini della zona euro a spendere di più, aiutando così la crescita dell'inflazione, piuttosto che mantenere il loro denaro in depositi bancari che ormai non rendono più nulla.

mario draghi bceIl tasso sui depositi BCE è adesso a -0,3%.

La Banca Centrale Europea ha iniziato il programma di Quantitative Easing nel mese di marzo del 2015. E anche le banche centrali di Svizzera, Svezia e Danimarca stanno seguendo una politica monetaria di tassi negativi.

Nella zona euro i prezzi al consumo crescono ad un tasso inferiore all'1% dall'ottobre del 2013 e nonostante il QE non danno segno di voler aumentare il passo.

Praet ha inoltre detto che:

Se guardiamo alla situazione economica, penso che la politica attuale rimarrà in vigore almeno fino a marzo 2017 e se necessario anche più a lungo.

Potrebbe passare parecchio tempo, quindi, prima che la BCE decida di alzare i tassi.

E secondo alcuni commentatori, se l'inflazione dovesse continuare a stagnare intorno all'attuale 0,2% il tasso BCE potrebbe scendere ancora.

Nella riunione della BCE avvenuta lo scorso dicembre, Mario Draghi ha deluso i mercati portando il tasso sui depositi da -0,2% a -0,3%, una flessione minore di quanto si attendessero gli analisti. La mossa ha spinto in alto il valore dell'euro nei confronti delle altre principali valute, e in particolare a una crescita del 3% rispetto al dollaro.

Da allora la Federal Reserve - la banca centrale degli Stati Uniti - ha alzato il tasso di riferimento per la prima volta da più di sette anni, e circolano voci che anche la Bank of England possa fare una mossa analoga nei prossimi mesi.

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