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Perché la politica monetaria non è solo tassi di interesse

Nei mercati finanziari ci sono dubbi in merito al concetto di politica monetaria perché la maggior parte degli economisti e degli analisti tende a giudicarla in base al livello o alla direzione dei tassi

di Redazione Soldionline 1 feb 2017 ore 16:13

Il 2017 sarà ancora condizionato dalla politica monetaria delle principali banche centrali europee. Nei mercati finanziari ci sono dubbi in merito al concetto di politica monetaria perché la maggior parte degli economisti e degli analisti tende a giudicare la politica monetaria in base al livello o alla direzione dei tassi d'interesse. Lo spiega John Greenwood, Capo Economista di Invesco.

Ecco il suo report:

Nei mercati finanziari ci sono dubbi in merito al concetto di politica monetaria. La maggior parte degli economisti e degli analisti tende a giudicare la politica monetaria in base al livello o alla direzione dei tassi d'interesse. In realtà, i tassi d'interesse non costituiscono una misura affidabile dell'orientamento della politica monetaria. Se la politica monetaria, ossia la crescita monetaria, viene allentata, i tassi d'interesse inizialmente scendono, ma poi salgono una volta che l'economia si riprende e l'inflazione comincia a salire. L'effetto più importante e a più lungo termine (“effetto Fisher”, che stima la relazione tra tasso di inflazione atteso, tasso d'interesse nominale e tasso d'interesse reale del denaro) è rappresentato da tassi d'interesse più alti, non più bassi.

tassi-interesse_4Per contro, in caso di stretta della politica monetaria, i tassi d'interesse inizialmente salgono, ma poi scendono una volta che l'economia rallenta e l'inflazione scende. Di conseguenza, l'effetto più importante e a più lungo termine di una stretta della politica monetaria è rappresentato da tassi d'interesse più bassi, non più alti. Ecco perché i tassi d'interesse sono oggi più elevati in paesi come Egitto e Venezuela e più bassi in nazioni come il Giappone e nella zona euro.

Ne consegue che per evitare una deflazione è necessaria una crescita più rapida della quantità di moneta. Non basta portare semplicemente i tassi d'interesse a zero o in territorio negativo come hanno fatto la BCE e la BoJ. La ragione è che, limitandosi ad agire sul fronte della riduzione dei tassi di mercato, le banche centrali rimangono essenzialmente passive, senza creare l'espansione monetaria di cui un'economia ha bisogno per crescere. I bassi tassi d'interesse nella zona euro e in Giappone sono il risultato della seconda fase di un periodo prolungato di politica monetaria restrittiva (ossia lenta crescita dell'offerta di moneta), non i primi segnali di una politica più accomodante (cioè crescita più rapida dell'offerta di moneta). Non sorprende certo che in queste circostanze il Giappone e l'area euro si siano trovati in uno scenario di deflazione e rendimenti obbligazionari negativi.

La titolarità dell'analisi che qui riportiamo è dell'autore della stessa, e l'editore - che ospita questo commento - non si assume nessuna responsabilità per il suo contenuto e per le finalità per cui il lettore lo utilizzerà.
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