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Oro tra 1.080 e 1.150$/oncia, decide Yellen

L’annuncio della Bce, che ha incrementato il limite di acquisto di obbligazioni dal 25% al 33% per emissione – e che quindi ha fatto sì che l’euro scendesse ai minimi da due settimane, ha fornito un’ulteriore spinta a una svolta monetaria della Fed

di Redazione Soldionline 29 set 2015 ore 10:33

A cura di Stephan Mueller, esperto metalli preziosi GAM
 
Prima del meeting della Federal Reserve di settembre, i dati economici sembravano sulla strada giusta. La più recente rilevazione sul tasso di disoccupazione del 5,1% suggeriva sviluppi positivi, dando sostegno all’idea di avviare una normalizzazione di politica monetaria. Tuttavia, i report pubblicati sui più recenti dati sull’occupazione erano più critici di quanto i titoli lasciavano presupporre. La maggioranza dei nuovi posti di lavoro (173.000) sono stati creati dal governo soprattutto nel settore educazione e healthcare, mentre il più grande decremento a partire da luglio 2013, è stato registrato nel manifatturiero (-17.000 posti). La Fed, naturalmente, ha giudicato la solidità del mercato del lavoro in maniera sufficiente. Nonostante ciò, Yellen ha lasciato invariati i tassi, rinunciando all’opportunità di rivedere al rialzo dopo 9 anni.

oro4L’annuncio della Bce, che ha incrementato il limite di acquisto di obbligazioni dal 25% al 33% per emissione – e che quindi ha fatto sì che l’euro scendesse ai minimi da due settimane, ha fornito un’ulteriore spinta a una svolta monetaria della Fed. Draghi ha sottolineato che la Bce attuerà qualsiasi misura per supportare la ripresa nell’Eurozona e per assicurarsi il raggiungimento del target d’inflazione all’1,7% entro il 2016.

Ad un certo punto, vedremo una normalizzazione della politica monetaria tanto in America quanto in Europa. Questa normalizzazione sarà decisiva per l’evoluzione del prezzo dell’oro nel breve periodo. Tuttavia, con una prospettiva di medio e lungo periodo, l’oro non potrà sfuggire ai meccanismi di domanda e offerta. La domanda stagionale asiatica, in particolare, ha un grosso peso. Negli ultimi dieci anni, settembre e novembre hanno dimostrato di essere mesi attraenti per gli investimenti in oro. In media, la performance si è attestata sull’1,2% per settembre e sul 3,5% per novembre. A causa del rallentamento nelle attività di investimento nel settore minerario dai 165 miliardi di dollari nel 2012 fino a meno di 100 miliardi nel 2015, si sono costruite le basi per assistere a una carenza di offerta nel lungo periodo.

Gli asset denominati in dollari, come l’oro, sono sempre influenzati dalla forza del biglietto verde. Un dollaro forte spesso ha un impatto negativo sull’oro e viceversa. E quindi è importante monitorare la direzione della valuta statunitense, che può essere un’indicazione della direzione che probabilmente prenderanno il prezzo dell’oro e le azioni legate alle società aurifere.

Il prossimo meeting della Fed sulle proiezioni economiche è in programma il 15/16 dicembre. La Banca centrale statunitense potrebbe potenzialmente rialzare i tassi per la fine di ottobre, in occasione della riunione dei membri del Committee (27-28/10). Se questa volta la Fed effettivamente agirà, il dollaro dovrebbe rafforzarsi e potremmo assistere a un immediato calo del prezzo dell’oro (in assenza di significative turbolenze sul mercato). E si potrebbe testare il livello di supporto storico a 1.080 dollari per oncia. Se invece la Fed annuncerà un altro ritardo e il dollaro s’indebolirà, il prezzo del metallo giallo potrebbe aumentare e sfondare la resistenza di 1.150 dollari per oncia.

Ci aspettiamo alti livelli di volatilità nei prossimi mesi, a causa delle tensioni sui mercati. Una situazione del genere di solito avvantaggia i gestori di portafoglio attivi, che hanno l’abilità di posizionarsi di conseguenza, soprattutto per quanto riguarda la loro esposizione all’oro.

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