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Opzioni: dove i trading system sui futures vanno in panne loro salvano l’equity line

Il 2016 è stato l’annus horribilis per molti trading system che operano sui futures. La lunga fase laterale dei mercati della seconda parte dell’anno è stata un incubo per tutti i sistemi direzionali

di LombardReport .com 4 apr 2017 ore 09:59

A cura di Domenico Dall'Olio

 

Il 2016 è stato l’annus horribilis per molti trading system che operano sui futures. La lunga fase laterale dei mercati della seconda parte dell’anno – se si esclude il mese di dicembre, fortemente direzionale – è stata un incubo per tutti i sistemi direzionali, che si sono trovati di fronte un mercato piatto per molte settimane consecutive, quindi molte false partenze e altrettanti stop loss. In simili fasi di mercato solo le opzioni permettono al trader di salvare capra e cavoli, portando profitti con le strategie non direzionali proprio laddove tutti gli altri strumenti si arenano. Ed ecco allora che le opzioni vanno imparate e capite, perché possono salvare il portafoglio in tante situazioni di mercato, portando profitti addizionali a quelli delle altre strategie, oppure salvando il risultato complessivo in situazioni di mercato particolarmente avare.

Strategie non direzionali in opzioni: facciamo chiarezza

opzioni_2Le opzioni sono gli unici strumenti finanziari capaci di far guadagnare gli investitori in quei mercati in cui i prezzi non si muovono in maniera sostanziale per lassi di tempo più o meno lunghi. La chiave è la vendita allo scoperto, che nel campo delle opzioni assume un connotato molto particolare. Se consideriamo le opzioni call, infatti, ad esempio, il loro acquisto risponde all’aspettativa di un movimento direzionale rialzista. La loro vendita invece non corrisponde ad una aspettativa di un movimento direzionale ribassista, bensì a quella di un movimento non rialzista. In parole povere, la vendita allo scoperto di call permette di trarre profitto sia dalla discesa che dalla lateralità del mercato. Ma non solo: entro certi limiti, e scegliendo l’opzione da vendere con accortezza, si riesce a non perdere perfino a fronte di una salita di prezzo; basta solo che questa salita non sia troppo pronunciata. In sostanza a volte si può guadagnare anche a fronte di una analisi errata.
Passiamo al lato delle put. Se comprare put significa rispondere ad una aspettativa di un movimento direzionale ribassista, vendere allo scoperto put significa rispondere ad una aspettativa di un movimento non ribassista, ossia guadagnare sia dalla salita che dalla stabilità. E di nuovo si può anche “sbagliare” la propria previsione, basta non sbagliare troppo: si puà guadagnare anche se il sottostante scende un po’.

Vendere volatilità: di questo in sostanza si tratta

Quanto sopra illustrato viene comunemente definito come vendita di volatilità. Si tratta sostanzialmente di vendere allo scoperto strumenti che incorporano aspettative di ampie fluttuazioni di prezzo. Fluttuazioni che spesso non si manifestano poi in realtà, o che si manifestano in modo molto meno drammatico di quanto il mercato non si aspetti. Ma a questo punto qualche lettore comincerà ad aggrottare la fronte. Vendere aspettative di forte volatilità. Ma se la volatilità si appiattisce come è successo nella seconda metà del 2016 e in questi primi mesi del 2017 che cosa si può mai vendere?
In effetti il discorso in tempi recenti si è complicato parecchio, perché la volatilità si è contratta a livelli talmente bassi da mettere in seria difficoltà gli opzionisti abituati alle strategie di vendita pura. Il gioco si è fatto già duro da settembre in avanti, quando l’assenza di movimento effettivo del mercato si è accompagnata ad un appiattimento delle aspettative di movimento futuro, deprimendo i premi delle opzioni.

Quando la volatilità si contrae in modo anomalo i rischi aumentano e bisogna saperli gestire

Ottobre e novembre del 2016 hanno creato difficoltà agli opzionisti perché i premi incassati dalle vendite erano molto inferiori a quelli medi storici, il che si traduceva in rapporti di rendimento atteso su rischio atteso peggiori della media. Il rischio di situazioni di questo genere è trovarsi con perdite consistenti all’improvviso, tali da neutralizzare i guadagni di tanti mesi precedenti. Il rischio si è concretizzato in modo violento nel mese di dicembre, quando il mercato ha messo a segno un improvviso movimento rialzista di molto marcato in poche settimane, causando perdite consistenti sul fronte delle call vendute.

La forte direzionalità del mercato per gli opzionisti può condurre al massacro

In situazioni di quel genere le strategie di vendita pura di opzioni (short straddle o short strangle, ad esempio, vedi figura 1) possono produrre perdite devastanti, se non gestite, mentre quelle di vendita coperta (coperta da acquisti su livelli differenti, come con le butterfly e i condor, vedi figura 2) si possono trovare a produrre perdite tali da azzerare il lavoro di 5-6 mesi se non di più, oppure ad avere perdite in linea con quelle attese ma con maggiore frequenza rispetto al normale. A meno di non gestire il rischio in qualche modo. E qui le strategie sono diverse, ciascuna con i propri pregi e difetti. La più semplice? Accettare l’errore quando si presenta, e prendere uno stop loss. Condizione non semplice da applicare a volte, specialmente quando il mercato diventa nervoso, gli spread in book si allargano e l’emozione del trader che deve chiudere operazioni in perdita rende poco pazienti e concentrati.

short-straddle-short-strangle
Figura 1


butterfly-e-condor
Figura 2


Regole certe e disciplina permettono di controllare i danni anche in situazioni estreme

Ma se si applicano regole chiare ed efficaci si riesce a chiudere in modo non drammatico anche una posizione palesemente errata, uscendo con perdite recuperabili in 3-4 mesi, a volte anche meno. E stiamo parlando di perdite consistenti, i cosiddetti eventi di coda. Ovviamente tutto ciò è tutt’altro che facile. La definizione di strategie ottimali di gestione degli errori richiede un lungo e attento lavoro di ricerca, backtest condotti a regola d’arte, a volte con strumenti auto-costruiti e con un lavoro certosino di verifica di coerenza dei dati impiegati per le analisi. Mesi, o anche anni di studi.

Quando la quiete dopo la tempesta diventa peggio della tempesta stessa

Archiviato il 2016, il 2017 si è presentato con un mercato sostanzialmente rialzista, caratterizzato da un ulteriore appiattimento della volatilità. E qui le difficoltà aumentano ancora. Strategie di vendita allo scoperto di volatilità si trovano a dover fare i conti con premi talmente risicati da costringere ad operare su livelli troppo vicini al mercato, con rischi insostenibili anche in caso di movimenti contrari assolutamente normali. E così ci si trova a dover attendere per lunghi giorni o anche settimane che il mercato faccia un movimento tale da innescare quel piccolo aumento di volatilità in grado di portare i premi ad un livello minimo sufficiente a giustificare il rischio. La pazienza: una dote poco diffusa e che si apprende solo con l’esperienza. Tanta esperienza.
E questa è sicuramente una delle cose più difficili da insegnare, anche quando insegnare è il tuo mestiere, che procede di pari passo con il trading da oltre quindici anni.

 

QUANTOPTIONS: parte nei prossimi giorni il programma di formazione online con più di 50 ore di didatttica sulle opzioni denominato Quantoptions e diretto da Domenico Dall'Olio, professore a contratto di Mercati Finanziari all'Università Ca' Foscari di Venezia. Il focus della formazione è proprio sulle strategie quantitative ovvero sulle strategie di trading che possono essere testate e automatizzate. Maggiori informazioni su www.quantoptions.it

 

Per altre raccomandazioni di borsa: LombardReport.com

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