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Le banche sono il punto debole

Nelle scorse ore è arrivata la notizia del nuovo aumento di capitale di Credit Suisse. Secondo il Financial Times si tratterà di un'operazione sostanziale. Da notare la coincidenza con le notizie arrivate ieri da Deutsche Bank

di Redazione Soldionline 9 ott 2015 ore 09:25

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO

1.    Dow sopra 17000.  Ancora un rialzo per le Borse USA (e quindi per le Borse globali): ieri il Dow Jones ha recuperato i 17 mila punti, dopo che sono stati pubblicati i Verbali della Fed che confermano che il rialzo dei tassi ufficiali non è più sul tavolo. Notevole anche il petrolio sopra i 50$, un altro segnale di “reflazione degli assets”. Come abbiamo scritto ieri, questa fase di rimbalzo tecnico però si è esaurita, e da oggi i drivers saranno altri: dopo la chiusura, gli utili di Alcoa fanno scendere il titolo del 5% [importante per: equity (globale)].
2.   Banche: il punto debole.   In contrasto con le analisi di Moody’s pubblicate ieri mattina (ma scritte da settimane), a metà giornata arriva la notizia del nuovo aumento di capitale di Credit Suisse, e si tratterà di un "substantial capital raising plan” secondo il Financial Times. Notate la coincidenza con le notizie arrivate ieri all’alba da Deutsche Bank: e notate che si muovono prima, e di corsa, le banche con un forte standing sui mercati finanziari. Le altre, tra cui le italiane, vengono lasciate indietro: a quando il mercato sarà ancora più difficile di oggi [importante per: equity (globale)].
3.   Draghi e l’euro a 1,1300: aumentano i problemi. Come nel caso della Fed, anche i Verbali della BCE parlano di rallentamento dell’economia: "There was broad agreement that the overall economic situation in the euro area had become more challenging since before the summer (…) There was wide agreement that, while recent market volatility was a sign of increased risk and heightened uncertainty over the economic outlook, it was too early to form a sound judgement on whether such developments would have a lasting impact on euro area economic developments and, in particular, the medium-term outlook for inflation,". L’economia di Eurozona sta rallentando (come le altre) e i dati tedeschi di ieri (bilancia commerciale) e dei due giorni precedenti sono una clamorosa conferma. La sola carta che resta da giocare a Draghi, visto che QE e TLTRO non funzionano, è il cambio: ma gli Stati Uniti hanno già fatto vedere chiaramente la loro forte opposizione  [importante per: equity, valute ed obbligazioni (globale)].

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L’OPERATIVITA'
Strategie: un esempio concreto. Che cosa abbiamo capito questa settimana degli ETF Smart Beta? Che questi strumenti sono gestiti con strategie di investimento passive (anche se non limitate alla “replica di un indice”) che sono strategie limitate all’investimento in azioni; che si privilegiano nella scelta dei titoli alcuni “fattori di valutazione”, che cambiano da ETF a ETF; e che (lo abbiamo visto ieri) non è sicuro che possano fare meglio dei tradizionali ETF basati sulla capitalizzazione dei titoli. Oggi chiudiamo restando proprio sulle performances di questi ETF, ma rispetto a ieri allunghiamo il periodo di osservazione: a puro titolo di esempio, oggi vedete qui sotto le performances a sette anni di quattro ETF Smart Beta, scelti a puro titolo di esempio. In particolare, riprendiamo l’osservazione del PowerShares FTSE RAFI US 1000 Portfolio che abbiamo già introdotto ieri nel nostro discorso e che ha raccolto 4,3 miliardi di dollari USA, essendo  uno dei più lunghi di storia essendo partito nel 2006. I fattori scelti per la selezione dei titoli in questo caso sono: book value, ricavi, dividendi e cash flow. L’algoritmo poi sceglie i titoli azionari che, sulla base di questi quattro fattori, risultano “cheap”. Vediamo nella parte sinistra del grafico (la linea blu) che lo ETF PRF ha in effetti saputo creare valore, rispetto allo ETF che è indicizzato allo S&P 500 (l’area colorata), ed in particolare che tra il 2012 ha accumulato circa il 15% di extra-rendimento. Tuttavia, vediamo anche che la correlazione con l’indice è altissima, e che quindi in termini di rischio non c’è alcuna differenza tra questo ETF e quello che replica lo S&P 500. Lo stesso si può dire degli altri tre ETF rappresentati in questi due grafici, e come vedete non tutti fanno meglio dell’indice. Il nostro giudizio operativo è quindi che queste strategie non garantiscono rendimento assoluto, ma solo un (potenziale) extra rendimento rispetto ad un benchmark.

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L'ANALISI
Glencore e materie prime.
  Per noi l’obiettivo di questa settimana è avere chiarito che le forti turbolenze viste sui prezzi delle materie prime e di recente sui titoli di Società di trading delle materie prime trovano una spiegazione anche (e forse soprattutto) nell’eccesso di debito. Come ha scritto di recente il The Telegraph:
These trades depend substantially for their profitability on cheap credit, which to date has given Glencore a big advantage, in that unlike many rivals, its debt is rated investment grade. More so than any, Glencore is a credit dependent model. On lots of levels, Glencore therefore stands as a kind of proxy for the whole emerging market bubble. Fast back to the financial crisis, and in order to ease the plight of overstretched debtors, central banks flooded the world with liquidity. This certainly helped bail-out the debtors, but it also created a powerful incentive to load up on even more cheap debt and plough it into assets. Commodities were a prime target for this dynamic.

Ora per noi investitori il punto è (come abbiamo scritto ieri) capire se ci sono “altre Glencore” in giro, e molto di questo dipenderà dal futuro andamento del petrolio. Se si avverassero le previsioni dei “pessimisti” che vi abbiamo riportato in questa stessa pagina mercoledì scorso, e se dovessimo vedere nel prossimo futuro un petrolio greggio sotto i 30$, possiamo essere certi che qualcuno dei grandi traders in commodities si troverebbe in difficoltà, e con loro alcune delle banche verso cui sono esposti. Di questo sono convinti in molti, come si vede dal’andamento dei contratti di “assicurazione contro il default” o CDS che vedete nel grafico in basso, e come ha scritto Credit Suisse di recente:

On the other hand, from discussions with our banks team, we believe the banks industry (and ultimately regulators) may look at the number i.e. gross lines available (even if undrawn) + letters of credit with no credit for inventories held. On this basis, we estimate gross exposure (bonds, revolver, secured lending, letters of credit) at c. $100 bn. With bonds at around $36 bn, this would still leave $64 bn to the banks’ account (assuming they don’t own bonds). For the banks, of course, Glencore may not be their only exposure in the commodity trading space. We consider that other vehicles such as Trafigura, Vitol and Gunvor may feature on bank balance sheets as well ($100 bn x 4?)

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