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L’efficacia del Quantitative Easing nell’Eurozona

Quando, nel mese di gennaio, la Banca Centrale Europea ha ampliato il proprio piano di acquisto di titoli, molti hanno fatto coincidere questa data con l’inizio dell’era del Quantitative Easing in Europa

di Redazione Soldionline 10 mar 2015 ore 12:12

A cura di Maxime Alimi, economista del team Research and Investment Strategy di Axa IM

Quando, nel mese di gennaio, la Banca Centrale Europea ha ampliato il proprio piano di acquisto di titoli, molti hanno fatto coincidere questa data con l’inizio dell’era del Quantitative Easing in Europa. A nostro giudizio, la data decisiva è stato l'incontro di Settembre durante il quale la BCE ha fissato per la prima volta un obiettivo quantitativo per il proprio stato patrimoniale.
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quantitative-easingDa quel momento la Banca Centrale Europea ha effettivamente iniziato un percorso di QE. L’annuncio di Gennaio comunque è importante poiché dimostra che la BCE prende seriamente il rischio di deflazione: l’impegno ad acquistare titoli per 60 miliardi di euro al mese è senza limiti e durerà finché il rischio di ribasso dei prezzi non sarà tornato a livelli accettabili.

L’impatto di questa decisione sull’economia dell’Area Euro è incerto, così come è incerta l’efficacia in generale di queste politiche non convenzionali. Molti studi che hanno esaminato le esperienze di Stati Uniti e Regno Unito nel corso degli ultimi anni giungono a conclusioni diverse. Da tali studi si evince che le politiche patrimoniali tendenzialmente producono un effetto positivo sulla crescita e sull’inflazione, tuttavia il loro impatto è incerto, variabile e probabilmente limitato.
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Il piano di Quantitative Easing dovrebbe influenzare l’economia attraverso diversi canali:
1. Segnali: reagendo in modo aggressivo al rischio deflazione, la Banca Centrale Europea intende affermare la propria credibilità rispetto agli obiettivi inflazionistici, ed allontana nel tempo le prospettive di una normalizzazione della politica monetaria. Questi interventi dovrebbero incrementare le aspettative inflazionistiche nel lungo termine e ridurre i tassi reali.
2. Credito bancario: tassi di interesse più bassi per clienti finali e un costo di finanziamento più basso per le banche stimolano la domanda di credito e pertanto la creazione di moneta, una condizione necessaria per l’inflazione.
3. Ribilanciamento del portafoglio: I rendimenti molto bassi degli strumenti considerati sicuri incoraggiano gli investitori ad assumere rischi maggiori e finanziano l’economia reale. Questi sviluppi incrementano il prezzo degli strumenti rischiosi, migliorando la fiducia, e rafforzano la posizione finanziaria del settore privato, stato patrimoniale e garanzie.
4. Effetto ricchezza:
L’incremento dei prezzi, sia degli strumenti finanziari sia dei beni reali, come il mercato immobiliare, aumenta la ricchezza netta delle famiglie e favorisce i consumi.
5. Valute: Una conseguenza importante delle politiche della banca centrale è la svalutazione della valuta, che consente all'Eurozona di importare inflazione dai propri partner commerciali. Recentemente, secondo le stime della Commissione Europea, una svalutazione del 5% dell’euro in termini ponderati per gli scambi commerciali incrementa l’inflazione dello 0,3% in un anno. Da settembre 2014, l’euro si è svalutato del 7%, e secondo noi continuerà su questa tendenza.

Non è facile prevedere gli effettivi sviluppi di questi diversi canali. Certamente hanno orizzonti temporali diversi e alcuni fenomeni sono più facilmente osservabili di altri. Nel breve periodo, i principali fattori trainanti probabilmente saranno le valute e il ribilanciamento del portafoglio. Come indicato, l’euro è in discesa non solo rispetto al dollaro americano, ma anche rispetto alla sterlina britannica e al franco svizzero. L’impatto sull’inflazione dei prezzi al consumo per il momento è compensato dalla correzione del prezzo del petrolio, ma quando quest’ultimo si stabilizzerà, gli effetti valutari si faranno più evidenti. Il ribilanciamento del portafoglio si riflette nel restringimento degli spread sui titoli sovrani periferici, sugli spread di credito e sull’andamento positivo del mercato azionario europeo.

Nel medio termine, altri due canali appaiono critici. Primo, la Banca Centrale Europea valuterà l’efficacia del piano attraverso i segnali raccolti e il livello delle aspettative inflazionistiche nel lungo periodo: l’indicatore preferito è a cinque anni con swap sull’inflazione a 5 anni, che finora non sono riusciti a recuperare il terreno perduto da Giugno 2014. Secondo, il credito bancario deve mostrare segnali di ripresa affinché la creazione di moneta possa tornare sui livelli in linea con un'inflazione del 2%.

La BCE ha dato appuntamento ai mercati a Settembre 2016 quando trarrà le prime conclusioni. Nonostante gli effetti positivi descritti in precedenza, siamo scettici sul fatto che per quel momento il rischio deflazione sarà rientrato sufficientemente da giustificare la chiusura del piano. Piuttosto ci aspettiamo che il Quantitative Easing da parte della Banca Centrale Europea sarà prorogato fino al 2017.

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