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Il 2016 sarà l’anno della riscossa per le valute emergenti?

Da metà gennaio in avanti le valute emergenti (in particolare, Dollaro di Singapore e Real brasiliano) sono state protagoniste di un forte rally rispetto al Dollaro USA fino a fine aprile, per poi stabilizzarsi nel mese di maggio

di Redazione Soldionline 1 ago 2016 ore 10:14

A cura del team di gestione Emerging Markets Debt di Pictet Asset Management

Da metà gennaio in avanti le valute emergenti (in particolare, Dollaro di Singapore e Real brasiliano) sono state protagoniste di un forte rally rispetto al Dollaro USA fino a fine aprile, per poi stabilizzarsi nel mese di maggio.
È probabile che il rally abbia colto di sorpresa molti investitori, ma in realtà il mercato era pronto per un rimbalzo. L’atteggiamento più accomodante della banca centrale statunitense, la flessione del Dollaro USA, il rialzo delle commodity e l’ampio divario tra i rendimenti dei titoli emergenti e quelli dei loro omologhi avanzati hanno favorito una ripresa degli investimenti nelle aree in via di sviluppo. Secondo l’Istituto della finanza internazionale (IIF) nei mercati emergenti si sono registrati afflussi di fondi per otto settimane consecutive, il periodo più lungo da giugno 2014.
Tuttavia, nei Paesi in via di sviluppo la ripresa può anche proseguire oltre. Ci aspettiamo una nuova fase di apprezzamento dovuta a un’accelerazione della crescita trainata dai consumi, che dovrebbe coinvolgere l’intero mondo emergente.

La ricetta per una ripresa sostenibile
valute-emergentiIl modello proprietario di Pictet indica due cose: la prima è che la probabilità di un apprezzamento significativo delle valute emergenti si attesta ancora ai massimi da tre anni e mezzo nonostante il rally del primo trimestre. La seconda è che le valute emergenti scambiano tra due e tre deviazioni standard al di sotto del fair value rispetto al dollaro.
Tale dato sembra in contrasto con la situazione dei Paesi in via di sviluppo, che devono ancora fare i conti con una crescita scarsa. L’espansione dell’economia, infatti, è stata inferiore al potenziale per ben 15 trimestri consecutivi; si tratta della fase di sottoperformance più lunga dal 1991.
Nei Paesi produttori di commodity, in particolare in Brasile, si è verificata una ripresa delle esportazioni, ma nel complesso la domanda estera resta debole. Basti pensare che in febbraio le esportazioni nominali delle aree emergenti sono diminuite dell’11% in USD.
Un miglioramento significativo della domanda estera è improbabile tenuto conto che la crescita nei Paesi avanzati è ancora modesta.
Pertanto, alcuni investitori potrebbero considerare il rimbalzo delle valute emergenti come un rally in un mercato ribassista. Tuttavia, le esportazioni non sono l’unico indicatore della salute dell’economia. Gli investitori dovrebbero concentrarsi anche sugli sviluppi sul fronte interno, che offrono qualche ragione per essere ottimisti circa le prospettive future delle economie emergenti.
Per prima cosa, cresce la probabilità di nuovi stimoli fiscali.
Fino a poco tempo fa, i governi dei Paesi emergenti, in particolare in America Latina, hanno evitato di tagliare le tasse e incrementare la spesa pubblica alla luce delle pressioni inflazionistiche e del timore di declassamenti del debito sovrano.
Potrebbe però verificarsi un’inversione di tendenza dato che ora le economie in via di sviluppo hanno maggiori opportunità di allentare la propria politica fiscale di quanto si pensasse.
Durante la recente fase di debolezza l’atteggiamento dei governi locali è rimasto prudente e secondo l’FMI i deficit fiscali si sono mantenuti intorno al 2,7%, in prossimità della media di lungo periodo.
Inaspettatamente, anche l’FMI si è espresso a favore degli stimoli fiscali ed ha esortato i governi a fare di più per dare slancio alla domanda sfruttando le “opportunità disponibili in ambito fiscale”.
Alcuni Paesi, tra cui Filippine, Tailandia, Polonia e Turchia, hanno già iniziato ad allentare i cordoni della borsa. In Cina, la crescita della spesa pubblica è raddoppiata da metà 2015 raggiungendo un ritmo annuo del 20% a marzo 2016 in seguito agli sforzi delle autorità per far fronte al rallentamento economico. Nel complesso ci aspettiamo che le misure fiscali di Pechino, tra cui l’aumento della spesa pubblica e il taglio delle tasse, contribuiscano alla crescita economica del Paese per 1,4 punti percentuali nei prossimi due anni.
Un secondo fattore positivo è la politica monetaria.
Anche le banche centrali dei Paesi emergenti sostengono la crescita tramite misure espansive. Secondo i nostri calcoli, nelle aree in via di sviluppo i tassi di interesse reali – in base a un paniere non ponderato di 18 Paesi emergenti – sono di circa 60 punti base inferiori alla media dal 2002.
Le deboli pressioni inflazionistiche dovrebbero consentire alle autorità monetarie locali di tagliare ulteriormente i tassi. India, Indonesia e Russia hanno già ridotto i costi di finanziamento, mentre alcuni Stati dell’America Latina potrebbero passare da una politica restrittiva a una espansiva nel corso dell’anno. A inizio 2017 la media dell’inflazione di otto Paesi esportatori di commodity dovrebbe scendere dall’attuale 7% al 5% e le flessioni più consistenti interesseranno Russia e Brasile.

Mano al portafoglio
Governi e banche centrali collaborano per stimolare la crescita e i consumi interni danno i primi segnali di ripresa. Il crollo dei prezzi dell’energia ha portato a un aumento del 4,6% delle vendite al dettaglio. In particolare, le vendite di automobili – un indicatore dei consumi futuri sensibile ai tassi di interesse – sono cresciute del 6,2% in febbraio, mentre nello stesso mese del 2015 si era verificato un calo dell'1,7%.
L’indebitamento delle famiglie – un altro fattore determinante per la spesa al consumo – resta contenuto al 33% del PIL, meno della metà del dato relativo ai Paesi avanzati.
I nostri indicatori proprietari mostrano che nelle aree in via di sviluppo la spesa delle famiglie è in aumento e le previsioni sono incoraggianti grazie agli sviluppi favorevoli nei Paesi europei emergenti, dove si sono registrati progressi sul mercato del lavoro.
Nei prossimi mesi, le politiche monetarie e fiscali dovrebbero diventare sempre più accomodanti e alimentare i consumi, con il conseguente miglioramento del contesto economico nelle aree emergenti. Ciò, a sua volta, dovrebbe attirare gli investitori verso le economie in via di sviluppo favorendo un ulteriore apprezzamento delle valute locali. Secondo l’IIF quest’anno l’afflusso di capitali esteri dovrebbe raddoppiare, raggiungendo USD 560 miliardi, contribuendo a ridurre di un terzo i deflussi netti, principalmente dovuti ai residenti.


Per valutare la futura traiettoria delle valute emergenti gli investitori dovranno quindi essere attivi su più fronti. L’economia interna ha un ruolo cruciale dato che il settore al consumo costituisce oltre la metà della produzione economica dei Paesi in via di sviluppo. Pertanto, riteniamo che una crescita più vivace sul fronte interno potrebbe essere la chiave per una ripresa sostenibile delle valute emergenti nel medio-lungo periodo.

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