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I “Trump trade” sono stati un insuccesso: importa a qualcuno?

L' S&P500, quello comunemente noto, si è arrampicato fino a nuovi massimi assoluti, persino nel corrente mese di agosto; la versione equi-ponderata del benchmark americano ha arrancato

di Gaetano Evangelista 25 ago 2017 ore 09:21

L’esito a sorpresa delle ultime elezioni presidenziali americane, ha innescato tutta una serie di strategie, basate sulla convinzione che il governo federale avrebbe rapidamente approvato una serie di investimenti pubblici, che avrebbero indotto un dilatamento del deficit di bilancio, costringendo la Fed ad aumentare anzitempo i tassi di interesse; con ricadute prevedibili sul livello esterno del cambio.

 

Il dollaro in altre parole si sarebbe apprezzato per la maggiore remunerazione offerta, ne avrebbero risentito le aziende multinazionali e di converso ne avrebbero beneficiato – almeno relativamente – le “piccole” imprese: tipicamente orientate verso il mercato interno.

 

trump_4Molto poco o punto di tutto ciò ha trovato conseguimento, come è ormai consegnato alle cronache di questi ultimi mesi. La borsa in realtà ha fatto subito i conti con la realtà: mentre lo S&P500, quello comunemente noto, si è arrampicato fino a nuovi massimi assoluti, persino nel corrente mese di agosto; la versione equi-ponderata del benchmark americano ha arrancato. Conseguendo parimenti nuovi massimi assoluti, ma visibilmente sottoperformando l’indice generale.

 

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Vale la pena di rilevare come il picco, nel rapporto fra S&P500 Equiponderato e S&P500 (parte inferiore della figura) sia stato conseguito addirittura a dicembre: da allora l’azione mediana dello S&P ha fatto peggio dell’indice generale, evidentemente condizionato dalla presenza di grandi nomi ad elevatissima capitalizzazione.

 

I piccoli, insomma, attesi ad un avvenire radioso, hanno fatto peggio delle grandi realtà note a tutti; e chi ha puntato sulle small cap – come su un rialzo del biglietto verde – è rimasto a bocca asciutta; quando non ci ha rimesso le penne.
Probabilmente è tempo per reagire: la parte superiore del grafico evidenzia come lo S&P EW (Equally Weighted) si collochi a ridosso della media mobile a 200 giorni; un popolare supporto di mercato. Staremo a vedere.

 

Ma l’attenzione non riesce a non essere distolta dalla vistosità della sottoperformance conseguita: il rapporto EW/500 ha subito un disavanzo prossimo ai 7 punti percentuali!


Ha questo implicazioni per il futuro di Wall Street?

s-p500-eq

 

Difficile da dire con ragionevole certezza; anche tenuto conto dell’esiguità del campione a disposizione: appena tre precedenti, dal 2004 in poi.
Lungi dal fornire indicazioni, l’esame dei precedenti rivela un dato netto: i ribassi di mercato, anche soltanto i consolidamenti – come quello del 2011-12 e del 2015-16 – hanno visto le small cap sottoperformare. Non esiste un fenomeno anticipatorio: la debolezza delle small cap non anticipa la debolezza di mercato. Non è un fenomeno temibile: è un fenomeno coincidente.
Questo però solleva un nuovo interrogativo: se tipicamente le fasi difficili di mercato vedono le small cap fare peggio delle sorelle maggiori; come mai, in occasione di una sottoperformance che perdura da otto mesi, il mercato azionario americano nel complesso è salito? ed è ipotizzabile che l’esaurimento della sottoperformance dello S&P EW, coinciderà con una nuova stagione per tutta Wall Street?

 

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