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Dallo ZEW la conferma di una crescita fantasma

Clemens Fuest, il presidente dell’Istituto Tedesco ZEW, ha dichiarato che un miglioramento dell'economia tedesca nel medio termine è improbabile. L'indicatore omonimo ha registrato un calo per il quinto mese consecutivo

di Redazione Soldionline 12 ago 2015 ore 09:42

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO
1.    La Borsa USA: trimestrali o trend? 
Ieri vi abbiamo aggiornato sui dati delle trimestrali negli USA: un fattore decisivo per il medio termine. Nel breve termine pesa però di più l’analisi tecnica, in particolare sulla psicologia del mercato. Ieri tutti abbiamo letto centinaia di commenti sulla “death cross” ovvero il fatto che la media mobile a 50 giorni è scesa sotto la media mobile a 200 giorni per l’indice Dow Jones. Ancora più importante però, sembra essere la media mobile a 200 giorni dello S&P 500 che, come si vede nel grafico qui sotto, coincide con la parte bassa del range che definisce il trend in atto dal 2011. Borse in Eurozona come sempre al traino degli USA [importante per: equity (globale)].

2.   Eurozona: la crescita fantasma.  A forza di leggere, sulla stampa di settore, le parole degli “esperti” che garantiscono sulla crescita in Eurozona, anche noi a Recce’d stavamo per convincerci: però ieri abbiamo letto che "A substantial improvement of the economic situation in Germany over the medium term is improbable". Chi ha detto questa parole? Un analista indipendente e isolato? Un “ribassista” che non si rende conto di quanto le cose vanno bene? Un “gufo”, parola molto usata dagli uomini di Governo? No, sono parole di Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Tedesco ZEW. Le ha dette ieri, a commento del fatto che, per il quinto mese consecutive, l’indice Tedesco ZEW è sceso, a 25 punti in agosto da 30 di luglio. Ma come? Non era stato appena chiuso l’accordo con la Grecia?  Ora ci resta solo da capire chi è che mette giù i numero per gli indici PMI [importante per: equity, valute ed obbligazioni (globale)].

3.   Deflazione e guerra delle valute.  Dopo che la Cina ha svalutato lo yuan, subito i media di settore si sono buttati sul tema della “guerra delle valute”, su cui ieri abbiamo letto commenti molto autorevoli (come ad esempio Stephen Roach): e a fianco della “guerra delle valute” ricompare con regolarità il tema della deflazione. Questo è un punto su cui riflettere: a soli sei mesi dal “bazooka” di Draghi (la mossa strategica che avrebbe dovuto rimettere in moto non solo l’Eurozona ma il mondo intero) ci ritroviamo a discutere esattamente degli stessi argomenti del gennaio 2015 [importante per: equity, valute ed obbligazioni (globale)].

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L’OPERATIVITA'
Obbligazioni: ritornano i “premi al rischio”? 
  Anche ieri sono scesi i rendimenti (e saliti i prezzi dei Treasury) ma anche ieri la reazione degli altri comparti (corporate in generale, ed high yield in particolare) non è stata positiva. Noi di Recce’d insistiamo da mesi, anche attraverso il Bollettino giornaliero, su questo punto: bisogna riportare in fretta sotto controllo il rischio nei portafogli, sia nelle vostre GPM, sia nei vostri Fondi comuni. L’anno 2015 era iniziato sull’onda di una generale euforia che poi è stata completamente smentita dai fatti, ed ora non si può più perdere tempo. Ieri vi abbiamo fornito alcuni dati sul mercato USA delle obbligazioni corporate, e  alcuni lettori si saranno chiesti: “si, ma in pratica questo come incide sul valore dei miei investimenti?”. Rispondiamo subito: nel primo grafico sotto, vedete che uno ETF (scelto del tutto a campione) che investe sugli high yield USA da gennaio ad oggi non solo si è “mangiato” la cedola, ma perde il 2,5%. E negli ultimi 12 mesi perde il 7,5%. Questi sono soldi veri: ed infatti, nel secondo grafico, vedete la “fuga” degli investitori dai Fondi Comuni che investono in high yields. Vi raccomandiamo quindi di fare attenzione a non restare indietro: se qualcuno vi racconta che “Draghi garantisce tutto e tutti”, beh … il nostro consiglio è di vendere a lui, ma ai prezzi di carico!

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L
'ANALISI
Cina la realtà ed i dati ufficiali.
  Le 24 ore trascorse dalla notizia della svalutazione dello yuan, che vedete rappresentata nel grafico che segue (le due linee in blu ed in rosa pallido delimitano l’intervallo in cui lo yuan oscilla contro dollaro USA) non ci consentono di proporvi un elenco completo di tutte le conseguenze che questa mossa, del tutto inattesa, provocherà. Già ieri abbiamo messo in evidenza che questa mossa è in contraddizione con l’intera politica estera recente della Cina, che puntava sempre ad una “normalizzazione” dei rapporti con il resto del mondo: qualcuno forse ricorda che analizzammo la progressiva rivalutazione dello yuan qualche settimana fa, proprio in questa stessa sezione del Bollettino quotidiano. Oggi vogliamo segnarvi una seconda, pesante implicazione: il conto da pagare da parte delle Società cinesi indebitate in valuta. Emissioni di obbligazioni in valuta (dollaro USA ed euro) e prestiti bancari in valuta ammontano oggi a 530 miliardi di dollari USA, e perciò nel’immediato il maggiore debito ammonta a 10 miliardi. Ma è sopratutto al futuro che si guarda con preoccupazione: visto che il costo del nuovo indebitamento conterrà da oggi in poi un maggiore costo (un “premio” per il rischio di ulteriori svalutazioni). E questa non è certamente una implicazione che stimola lo sviluppo dell’economia. La mossa sullo yuan sembra, ogni ora di più, riflettere un grande affanno: le Autorità si sono rese conto di avere “esaurito le munizioni”.

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