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Chi ha paura della divergenza cattiva?

Ce lo insegnano il primo giorno sui banchi di scuola. La scuola speciale per analisti tecnici o aspiranti tali. Gli indici devono confermarsi fra essi: è un postulato imprescindibile della teoria di Dow

di Gaetano Evangelista 2 giu 2017 ore 09:16

Ce lo insegnano il primo giorno sui banchi di scuola. La scuola speciale per analisti tecnici o aspiranti tali. Gli indici devono confermarsi fra essi: è un postulato imprescindibile della teoria di Dow.

 

dow-jones_3Il buon vecchio Charles Dow, che all’epoca sfoggiava una barba che ne fa di diritto un hipster ante litteram, ammoniva chi leggeva quotidianamente il Wall Street Journal: attenzione quando il  Jones Industrial sale, non imitato dal Dow Jones Transportation. Perché vorrebbe dire che le aziende producono, ma non consegnano; con le merci che vanno ad ingolfare il magazzino, che ordinerà alle linee produttive di sospendere l’attività; con nocumento per fatturato, profitti, e a ruota occupazione e domanda aggregata.

 

Questo è uno dei cardini dell’analisi tecnica. Per estensione nel tempo si è presa l’abitudine di verificare che simili divergenze non si manifestino anche fra altri indici: ad esempio, se il Dow Industrial sale, ma il Dow Utility rimane attardato, ciò potrebbe denunciare una crescita insostenibile dei tassi di interesse – le Utility sono tradizionalmente sovraesposte sul fronte debitorio… - che alla lunga graverebbe anche sulle aziende.
Ebbene, questa è una condizione sperimentata fino a pochissimi giorni fa.

 

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Eccolo lì: in undici mesi il Dow Industrial (blue, scala di sinistra) è passato da poco più di 17 mila punti, agli attuali 21 mila punti. Un rialzo strepitoso.
In una certa misura il Dow Utility ha replicato la performance del “fratello maggiore”; ma solo di recente. Tant’è vero che l’indice delle Utility (un nero, scala di destra nella figura in alto) soltanto negli ultimi giorni ha eclissato il massimo di luglio 2016.

 

Non c’è che dire: un epic fail. Se è vero che, a fronte di una performance di quest’ultimo praticamente non positiva, nel medesimo arco di tempo il primo ha messo a segno un rialzo ad abbondante doppia cifra percentuale.

 

Un oscuro presagio, si direbbe. Giusto? Vediamo cosa rivela l’evidenza statistica: abbiamo ricercato tutti i casi in cui, a fronte di una performance non positiva da parte del Dow Jones Utility nell’arco di 226 sedute (undici mesi, in pratica), il Dow Jones Industrial consegua una performance superiore al 10%.
La figura in basso identifica la casistica degli ultimi dieci anni; come sopra, segnalando con delle linee verticali rosse gli eventi infausti.

 

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È significativo notare immediatamente come il setup in questione non sia mai stato registrato prima di massimi rilevanti; come quello del 2007, o anche del 2011 e del 2015: l’assunto teorico sarebbe smentito.
Se non ribaltato: perché, a ben vedere, circostanze come quella codificata, sul Dow Jones hanno sempre anticipato ulteriori progressi delle quotazioni. Con il Dow Utility che, oltretutto, una volta maturato questo ritardo, ha impiegato i mesi successivi per recuperare il terreno perduto. “Battendo” il fratello maggiore.
Beati loro. Rincorrersi così gioiosamente alla loro veneranda, ultracentenaria età…

 

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